CROLLO PREZZO DEL PETROLIO: I VANTAGGI PER I CONSUMATORI –
Non tutti gli choc vengono per nuocere. E anche quello del crollo del prezzo del petrolio, con tutte le sue conseguenze geopolitiche e finanziarie, si accompagna con alcune ricadute positive sulle nostre tasche di consumatori. Ridurre la bolletta energetica domestica , innanzitutto eliminando gli sprechi, è diventata una necessità per buona parte delle famiglie italiane che pagano un conto medio di 1.635 euro l’anno. Troppi. E il petrolio low cost finisce per darci una mano con le tariffe che, una volta tanto, da inizio anno scendono.
Meno 3 per cento la luce, meno 0,3 per cento il gas, con un risparmio medio di 72 euro: non male, anche se negli ultimi dieci anni queste bollette sono schizzate del 39,2 per cento. Lo stesso discorso riguarda la benzina. Siamo già arrivati a punte minime di 1,464 euro al litro (1,414 per il diesel), e gli esperti dicono che ci sono ancora margini per ulteriori ribassi. Senza farsi troppe illusioni, poiché il 62 per cento del prezzo del carburante in Italia è determinato dalla componente fiscale, Iva e accise. Il continuo, galoppante aumento del pieno, in passato ha rappresentato uno dei principali disincentivi all’acquisto di nuove auto, mentre adesso la tendenza si inverte, e non a caso a dicembre del 2014, dopo sei anni consecutivi di segno negativo, il mercato nazionale dell’automobile ha dato un segnale di ripresa, con un incremento del 4,2 rispetto al 2013.
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EFFETTI DEL CROLLO DEL PREZZO DEL PETROLIO –
Viaggiare, dunque, costerà di meno, e non solo in auto, ma anche in aereo. E per il nostro turismo il 2015 potrebbe essere un anno d’oro, anche grazie al traino dell’Expo. Certamente vedremo in giro meno russi, colpiti dalla crisi valutaria e dalla polveriera dell’Ucraina, ma torneranno in massa gli americani (le prenotazioni per i primi tre mesi dell’anno registrano già un’impennata del 15 per cento), favoriti dal superdollaro che si apprezza parallelamente alla perdita di valore del petrolio. Quanto ai nostri viaggi a lunga distanza, ricordate l’odioso supplemento sui biglietti aerei per l’aumento del carburante? Ieri si gonfiava, adesso dovrebbe sgonfiarsi, e la boccata d’ossigeno per le compagnie aree porterà ad una maggiore concorrenza, combattuta anche attraverso la leva dei prezzi. Già, i prezzi. Non bisogna avere una laurea ad Harvard per capire l’equazione tra basso prezzo del petrolio, bassa inflazione, bassi prezzi. Mario Draghi ritiene che l’80 per cento del declino dell’inflazione, tra il 2011 e il 2014, sia stato dovuto proprio al petrolio low cost, oltre che alla diminuzione dei prezzi dei prodotti alimentari. Ma in questo caso il nostro vantaggio di consumatori entra in conflitto con i danni di un’inflazione troppo bassa per l’economia e rischia così di tradursi in un boomerang per effetto della legge delle aspettative. Famiglie e imprese rinviano gli acquisti (e gli investimenti), immaginando che i prezzi possano scendere, e in questo modo i consumi si deprimono, l’economia rallenta e i posti di lavoro non si creano. Più marcato, invece, e senza controindicazioni, è il vantaggio di un’inflazione bassa che riduce gli interessi sui prestiti, a partire dai mutui che appunto si stanno muovendo, come il mercato dell’auto, nella direzione di una cauta ripresa.
PETROLIO LOW COST: CHI CI GUADAGNA –
Il petrolio low cost impatta direttamente sulla gestione dei nostri risparmi. E qui rassegniamoci: la volatilità sui mercati finanziari sarà molto alta, anche per effetto della curva del barile. L’economia russa, per esempio, è stata travolta da un prezzo del petrolio che ha polverizzato le entrate statali e ha portato il rublo a valere la metà rispetto a qualche mese fa. Chi ha investito in obbligazioni in rubli, anche con un rating tripla A, oggi si trova a fare i conti con perdite stratosferiche e dovrà avere molta pazienza , e fortuna, se vorrà recuperare il capitale senza arrendersi e vendere agli attuali valori di mercato. Molte economie, non solo quella russa, si reggono sul petrolio e rischiano il default agli attuali livelli del greggio: un caso per tutti è il Venezuela, i cui titoli di Stato sono già considerati junk bond, spazzatura. Altre scosse potranno arrivare, per i risparmiatori, dai titoli delle grandi compagnie petrolifere, spesso detenuti con lo spirito del cassettista, attratto dal buon dividendo e dalla solidità dell’azienda. In pochi mesi le dieci più grandi major petrolifere del mondo hanno accusato una diminuzione dei ricavi pari a 75 miliardi di dollari: come faranno a garantire i rendimenti ai quali hanno abituato i propri azionisti? Per chi ha fegato, al contrario, l’acquisto dei titoli delle compagnie petrolifere, tutti deprezzati, oggi può essere un’opportunità in un mercato affamato di una buona remunerazione del denaro, impossibile senza assumere rischi.
Nelle pieghe di un’economia globale che cambia pelle, e prezzi, per effetto del crollo del barile, ci sono poi le piccole sorprese, quelle più inaspettate. Il giornale inglese The Guardian ha scoperto che in Gran Bretagna sono diventati molto convenienti gli acquisti di preservativi, realizzati con materiale sintetico, a partire dal poliuretano, derivato dal petrolio. E anche questa in tempi di Grande Crisi possiamo considerarla, da consumatori, una buona notizia.
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