CURE MEDICHE FIGLI
Adesso che Alfie Evans è morto, speriamo almeno che la sostanza di questa assurda vicenda non passi con troppa facilità nel dimenticatoio, in attesa del prossimo supplizio familiare. Alfie, ricordiamolo, figlio di Tom e Kate Evans, era ricoverato dal dicembre del 2016 nell’ospedale Alder Hey Children’s di Liverpool, colpito da una rara e micidiale forma di malattia neurodegenerativa. I medici inglesi avevano deciso da tempo che era venuto il momento di staccare la spina, ma i genitori di Alfie, e lui stesso in modo inconscio, hanno combattuto fino all’ultimo per provare a resistere.
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ALFIE EVANS
E in parte la loro battaglia sembrava destinata al successo. Ben due ospedali italiani, il Bambin Gesù di Roma e il Gaslini di Genova, si erano dichiarati pronti ad accogliere il bambino per provare alcune cure sperimentali. Anche il governo italiano e il Vaticano hanno fatto la loro parte per sostenere le ragioni dei genitori di Alfie.
Ma tutto è stato inutile. Tutto si è infranto contro il cinico e rigido muro burocratico della giustizia inglese (Alta Corte, Corte d’appello, Corte suprema) e quello ancora più pavido e sciagurato della cosiddetta giustizia europea (Corte di giustizia europea). Sono stati i tribunali, prima ancora della medicina, a decidere il destino di Alfie, e di conseguenza la sua morte.
LA TRAGEDIA DI ALFIE EVANS
Non so, sinceramente, quanti di noi riescono anche solo per un secondo a mettersi nei panni dei genitori di Alfie. Su Facebook hanno dato l’annuncio della morte del bambino con queste parole: “Il nostro gladiatore ha posato lo scudo e ha preso il volo”. Ma per quale motivo, per curare un figlio, un bambino piccolo che non può decidere da solo, non si può tentare qualsiasi strada, qualsiasi speranza e bisogna diventare gladiatori? E in questo caso non c’era la prospettiva di qualche fattucchiere, del solito santone che promette il miracolo, ma la disponibilità di due grandi ospedali molto accreditati nella comunità scientifica internazionale. Perché impedire quest’ultima possibilità che certo non è una forma di accanimento terapeutico?
ACCANIMENTO TERAPEUTICO
Alfie è morto, ma io ancora non ho capito perché è stato negato un tentativo, anche disperato, di allungargli la vita. Non mi sono chiari i motivi di questa gretta violenza nei confronti dei genitori del bambino. Non riesco ad accettare il fatto che un padre non possa fare tutto, fino all’ultimo, per salvare il figlio. E sono sicuro che, se fossi stato il papà di Alfie, avrei fatto come Tom, e forse di più, pur di non rassegnarmi a una morte decisa da una sentenza del tribunale. La morte di mio figlio.
Foto di Iain Ashmore/ Shutterstock.com
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