CURE PALLIATIVE
Capita spesso: facciamo delle ottime leggi, tra le più avanzate del mondo, ma poi le applichiamo solo parzialmente e, cosa ancora più grave, gli italiani neanche le conoscono. Una situazione di questo genere si presenta a proposito delle cure palliative, tutto quanto viene fatto per i pazienti inguaribili e ormai prossimi alla fine. Due italiani su tre non conoscono i contenuti di una legge che l’Europa ci invidia, molto moderna, completa e avanzata. E così il 20 per cento dei malati terminali continua a soffrire, per almeno 5 anni, senza che siano prese quelle contromisure che potrebbero cancellare in un colpo solo dolori inutili. Un’assurda tortura.
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COSA SONO LE CURE PALLIATIVE
Che cosa sono le cure palliative? E quando si applicano? Il nome deriva dal latino pallium, il mantello che si stendeva sul corpo di un uomo o una donna in grave sofferenza, per riscaldarlo e per ridurre appunto il dolore. Dal punto di vista della loro applicazione, invece, le cure palliative sono definite dalla classificazione dell’Organizzazione mondiale della Sanità. In pratica: si tratta di tutti gli interventi che vengono messi in campo quando non ci sono più possibilità di ripresa del malato, sia dal punto di vista farmacologico sia sul piano chirurgico. In Italia si trovano in questa condizione, ogni anno, oltre 300mila persone, e tra i 30-35mila sono bambini. Per loro non c’è scampo: perché allora farli soffrire inutilmente e non accompagnarli in modo umano alla fine?
A COSA SERVONO LE CURE PALLIATIVE
Le cure palliative, sempre secondo l’Oms, si applicano proprio con questo obiettivo: migliorare la qualità della vita dei malati e delle famiglie (che sono travolte dalla convivenza e dai problemi che sorgono con i malati terminali), con un “ottimale” trattamento del dolore. Laddove per “ottimale” si intende un dolore che scompare, e per dolore ci si riferisce sia all’aspetto fisico che a quello psicologico e perfino spirituale.
LEGGE CURE PALLIATIVE
Questo, dunque, è il quadro delle cure palliative. E veniamo alla legge, che risale al 15 marzo del 2010 (la numero 35) ed è stata presa a modello da molte nazioni europee. Si tratta di norme che prevedono il sostegno e l’aiuto, attraverso le cure palliative, ai malati terminali, per garantire la loro dignità, la loro autonomia, la loro vita senza dolori e senza sofferenze inutili. La legge affronta anche un altro aspetto dei malati terminali: ovvero il modo per non lasciarli soli, con le loro famiglie disperate che non sanno bene a chi rivolgersi e che cosa fare. E brancolano nel buio.
Secondo le norme sulle cure palliative, questo tipo di interventi si fanno attraverso una rete capillare di centri Hospice (forniti anche di 2.500 posti letto) che devono garantire un’assistenza, l’accompagnamento verso queste cure, e poi interventi a domicilio per non appesantire il sistema ospedaliero.
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COSA SAPERE SULLE CURE PALLIATIVE
Fatta la legge, e in questo caso un’ottima legge, si trovano i mille modi per non applicarla. Il primo, come abbiamo visto, è l’ignoranza dei cittadini, che bisognerebbe superare anche con un’informazione capillare da parte del ministero della Salute e degli assessorati regionali. Spendono e sprecano tanti soldi per pubblicità inutili: perché non investire in una campagna di conoscenza e di consapevolezza che consente di evitare il tormento e i dolori, ogni anno, a 300mila persone che stanno soffrendo inutilmente? Il secondo modo è l’applicazione parziale delle buone leggi: quella sulle cure palliative ha fatto nascere finora 227 Hospice. Pochi rispetto al numero di malati terminali che arrivano ogni anno, e tra l’altro molto squilibrati sul piano territoriali. Ben 60 sono in Lombardia, ma in Sicilia se ne contano appena 3.
TERAPIA DEL DOLORE
Per dare un’idea dell’enorme spreco che si accompagna alla cattiva applicazione di una buona legge, bisogna segnalare anche che sugli oltre 300mila malati terminali, i due terzi sono di natura oncologica, quindi colpiti da dolori spesso lancinanti e distruttivi. E oltre il 10 per cento sono bambini, nati in condizioni disperate e senza una prospettiva di vita, neanche di breve periodo. Per loro sarebbe davvero semplice, applicando la legge, almeno cancellare i dolori.
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