Per fame, mangiavo anche le formiche (Dacia Maraini)

Lo straordinario racconto della scrittrice dei suoi anni di prigionia, dove ha imparato a non sprecare il cibo. E dove ne ha riconosciuto il valore, con un ricordo diventato poi incancellabile.

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DACIA MARAINI –

In occasione di Expo alcune scrittrici hanno accettato l’invito di raccontare la vita utilizzando come cartina al tornasole il cibo e la necessità di non sprecarlo. Tra queste Dacia Maraini, che racconta in modo straordinario i due anni trascorsi, da bambina, in un campo di concentramento in Giappone. Soffrendo la fame. «E per fame, mangiavo le formiche che vedevo passare nel nostro misero cortile dal pavimento di terra» scrive Dacia Maraini «Finché non ho preso una intossicazione e il mio giovane padre mi ha spiegato che le formiche contengono in corpo una cosa che si chiama acido formico e che per l’appunto è tossico. Ma quando si ha fame si è portati a mangiare qualsiasi cosa. I poveri serpentelli che passavano nel nostro cortile venivano subito acchiappati, spellati e bolliti. La carne di serpente la ricordo come molle e insapore. Ma pur di mangiare si mandava giù. Così come le rane, i topi, ogni piccolo animale che passasse dalle nostre parti veniva immediatamente divorato».

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO E IL NON SPRECO DI CIBO –

Nel suo testo, la scrittrice ripercorre i terribili anni della fame e di un ricordo che non l’ha mai abbandonata. Forse per questo, oggi il suo rapporto con il cibo è più equilibrato, sano, non compulsivo. E non viziato dallo spreco di quel cibo che da bambina le mancava costringendola a mangiare formiche e serpenti.

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