Apparentemente non crea fastidio a nessuno. È innocuo, nella sua inattività, in quel vivere quieto e senza pensieri che gli consente di galleggiare in qualsiasi palude. E invece l’accidioso semina danni, oltre che sprecare le proprie qualità, almeno quelle che ci sono. Un classico del 1859, Oblomov, scritto da Ivan Aleksandric Goncarov, è un libro che suggerisco a tutti perché pennella, in ogni dettaglio, la figura eterna dell’accidioso. E racconta come la sua deriva personale accompagni, in una sorta di macabra marcia funebre, lo spegnersi di una società, l’affievolirsi di quelle energie vitali, senza le quali, prima o poi, un intero paese, o più semplicemente una comunità di uomini e donne, crollano. Come è avvenuto nella Russia di inizio Novecento. Forse perché sono nato al Sud, dove la specie è molto diffusa, ma devo dire che gli accidiosi non mi sono mai piaciuti. Ho sempre fatto fatica a giustificarli. E non per un giudizio moralistico, ma per la quantità di danni, di sprechi, che ho sempre collegato, quasi in automatico, a questo vizio capitale. Gli altri sei (superbia, invidia, ira, gola, avarizia e lussuria) li considero tutti meno gravi e più comprensibili.
Indice degli argomenti
Il peggiore dei vizi capitali
L’accidioso è un nemico del fare. Ed è un nemico sempre pronto a scendere in campo contro chi fa. Non ha voglie, desideri, slanci: mescola noia e indifferenza, cinismo e distacco. C’è qualcosa, in questo atteggiamento, che va ben oltre una quotidiana indolenza, una forma di pigrizia che ciascuno di noi porta dentro ( a chi non piace poltrire nel letto?). No, qui siamo alla vita che viene negata, e quindi sprecata. L’accidia è anche un segno di super Io, un modo arrogante di prendere le distanze dagli altri, di sporcarsi le mani immedesimandosi nelle storie che ci circondano. Ed è dentro la ricorrente domanda, che evoca opportunismo: «lo faccio o non lo faccio?». Un modo per non rischiare mai nulla, vivere di rendita, beneficiando dell’energia che altri mettono in campo.
I danni
Infine, l’accidia è come il diabete nella medicina: una malattia che ne scatena altre. Giustamente Dante ha inserito gli accidiosi in un girone infernale vicino a quello degli irosi: fateci caso, l’accidia si accompagna sempre a forme ricorrenti di rabbia, di disprezzo per gli altri. E anche questo è un grande spreco di vita.
Qual è il contrario dell’accidia?
Il vero contrario dell’accidia è un verbo: agire. Fare le cose, o comunque provarci. Senza sprecare tempo ed energia nell’indecisione e nell’eterno procrastinare. Mentre l’accidioso fugge, con codardia, di fronte alle sue responsabilità, la persona che agisce ha anche il coraggio di rischiare, non vive rasentando i muri. Se l’accidia è ignavia e negligenza, il suo contrario è l’operosità, la sollecitudine, e non solo per sé stessi, ma anche per gli altri. L’accidioso calpesta la vita, chi non soffre di questo vizio è destinato ad esaltarla.
Frasi celebri
Chi non riesce a provare stupore e meraviglia è già morto. (Albert Einstein)
L’accidia ci chiude gli occhi, ci fa diventare ciechi. Non riusciamo più a vedere se non l’ordinario, non siamo più capaci di assaporare il piacere dello stupore e della meraviglia. La vita si spegne, e neanche lo sappiamo. (Jean-Paul Sartre)
Si chiamano sensi colpa: non fai nulla, sprofondi nell’accidia, e setto traccia, nel tuo inconscio, senti anche colpe che non ti appartengono. Non riesci più a distinguere il vero dal falso, ciò che dovresti fare da ciò che comunque non puoi fare. Procedi per automatismi, non per libere scelte.
Il rischio di nuove divisioni sociali
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