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DEFORESTAZIONE
L’accordo di Glasgow prevede, sempre sulla carta, uno stanziamento di 20 miliardi di dollari per raggiungere l’obiettivo «deforestazione zero» entro il 2030, soldi sia pubblici sia privati. E tra le nazioni che hanno sottoscritto l’intesa ci sono anche Brasile, Russia, Indonesia e Congo, dove sono concentrate le più grandi foreste del mondo. Il vero punto debole dell’accordo, e anche il segnale di quanto sia stato scritto sulla sabbia, è che non sono previste sanzioni per chi non lo rispetta, né una precisa tabella di marcia per arrivare al traguardo fissato per il 2030. Il rischio è che tutto finisca come gli accordi di Parigi sul clima(2015): parole mai diventate fatti.
Quando si parla di deforestazione non bisogna pensare soltanto all’Amazzonia, dove pure il disastro continua. Nel 2021, soltanto nel mese di agosto, secondo il Rapporto dell’Agenzia nazionale di ricerca spaziale (Inpe), sono stati eliminati 1.606 chilometri quadrati di foresta amazzonica in Brasile. È il dato più alto da dieci anni, e significa un aumento della deforestazione del 7 per cento rispetto al 2020. In realtà il fenomeno della deforestazione ha una dimensione globale: in alcuni anni siamo arrivati, nel mondo, a eliminare in media 30 milioni di ettari di foreste, pari a un campo di calcio al secondo, con rischi che riguardano anche i meravigliosi boschi italiani.
COS’È LA DEFORESTAZIONE
La “deforestazione” – termine che descrive la distruzione o la netta riduzione di boschi e foreste a causa principalmente delle attività umane – è avvertita in tutto il pianeta. Quando si parla di consumo (o di “spreco”) del suolo globale, la deforestazione rappresenta il principale vulnus da affrontare.
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CAUSE DELLA DEFORESTAZIONE
Foreste e riserve boschive annientate per la produzione del legno o per ricavare terreni coltivabili e pascoli: queste sono due delle operazioni umane che più nuocciono al bacino verde. Poi ci sono anche particolari industrie interessate alla materia prima che arriva dalle foreste e dall’abbattimento degli alberi: dai colossi della cosmetica, fino ai grandi produttori di olio di palma, concentrati in luoghi ricchissimi di vegetazione, come l’Indonesia e la Malesia.
In Africa, Asia e America del Sud soprattutto, i piccoli agricoltori rilevano o occupano terreni ricoperti da foreste e appiccano strategicamente incendi per coltivare poi i terreni fertilizzati dalle ceneri. Sfruttata intensivamente, la terra è in grado di mantenersi produttiva per periodi relativamente brevi (pochi anni), viene poi abbandonata e nuove macchie di foresta sono aggredite e date alle fiamme.
Gli effetti per l’ecosistema possono essere terribili.
CONSEGUENZE DELLA DEFORESTAZIONE
Innanzitutto, quando le foreste vengono bruciate, il carbonio prodotto si accumula nell’atmosfera come anidride carbonica, un gas serra che, come noto, ha il potenziale di alterare il clima globale. Inoltre, la preziosissima biodiversità ospitata dalle foreste, in particolare quelle tropicali, rischia con gli incendi di estinguersi irrimediabilmente. Dopo carbone e petrolio, la deforestazione è al terzo posto nella classifica delle fonti dalle quali arrivano i micidiali gas serra.
Il disboscamento selettivo operato dagli agricoltori aumenta infine l’infiammabilità della foresta perché trasforma un contesto ambientale fitto e umido in territori più aperti e secchi.
Circa sei anni fa una mappatura dello stato delle foreste sulla Terra venne meritoriamente realizzata da Google insieme ad alcune università americane, coordinate dalla University of Maryland. Il report di analisi della mappatura denunciava, già allora, devastanti processi di deforestazione; oggi la situazione è ulteriormente peggiorata.
E mentre l’hashtag #prayforamazonia ha raggiunto picchi di 150.000 mention nei giorni di maggiore attenzione, in un solo mese estivo, in Amazzonia, sono stati registrati circa 200.000 roghi che hanno causato la morte di rari esemplari di fauna selvatica e hanno rilasciato enormi quantità di anidride carbonica nell’atmosfera, come fotografato dall’Atmospheric Infrared Sounder installato a bordo del satellite Aqua della NASA.
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DEFORESTAZIONE E CRISI CLIMATICA
La deforestazione ha un ruolo decisivo nella lotta per fermare il surriscaldamento climatico. Il 33 per cento degli sforzi per la mitigazione climatica dipendono proprio dalla capacità che abbiamo di preservare le foreste, gli alberi. Da qui la necessità di azioni concrete a tutti i livelli, partendo dagli interessi delle grandi multinazionali che devono trovare conveniente chiudere il capitolo della deforestazione selvaggia. Passaggio non facile. Quando l’organizzazione britannica Carbon Discoure Project ha chiesto a 1.303 società mondiali di fornire elementi per dimostrare le loro azioni contro la deforestazione, hanno risposto solo 272 imprese. È chiaro che rinunciare alla deforestazione ha un costo che spaventa manager e azionisti delle multinazionali, anche quando si riempiono la bocca della parola Sostenibilità. E ha un costo in termini di consensi per le autorità politiche. Ecco perché l’emergenza va affrontata su scala globale, rilanciando anche i piccoli gesti individuali, come le azioni di singoli e di associazioni specializzate nell’attività di piantare alberi. Gesto simbolico quanto utile.
COME FERMARE LA DEFORESTAZIONE
L’emergenza sudamericana ha riportato il tema della tutela delle foreste e delle risorse boschive in cima al lungo elenco di impegni fissati dall’agenda mondiale, animando anche il dibattito del G7. Del resto, se ne parla espressamente all’interno del quindicesimo punto dei Sustainable Development Goals approvati nel 2015 dall’ONU (15.2: “Entro il 2020, promuovere l’attuazione di una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste, fermare la deforestazione, il ripristino delle foreste degradate e aumentare notevolmente la riforestazione a livello globale”).
Alla scadenza fissata, l’ambizioso obiettivo fissato dagli SDGs suona come una romantica utopia ben lontana dagli avvenimenti a cui, più o meno inermi, assistiamo.
Un dato è esemplificativo del momento storico che stiamo vivendo: nel 2010 quasi 4 miliardi di ettari del nostro pianeta erano ricoperti da alberi. Solo otto anni dopo, sono stati persi circa 25 milioni di ettari di questo inestimabile patrimonio.
Dopo il “caso-Amazzonia”, i riflettori si sono accesi anche su Africa e Indonesia. A causa di una lunga stagione caratterizzata dall’assenza di precipitazioni, lo Stato del sud-est asiatico potrebbe subire danni irreparabili.
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AIUTI DEFORESTAZIONE
I paesi più colpiti dalla deforestazione, di solito, sono anche i più poveri. Come nel caso delle nazioni africane. Un motivo in più per convincersi di una cosa fondamentale nella battaglia per il clima, per la diminuzione dei gas serra, e in generale per la salvaguardia della natura e delle condizioni di vita della specie umana: gli interventi e le decisioni da prendere devono avere un doppio livello, uno sovranazionale e l’altro locale. Servono scelte politiche di portata globale. A partire dal problema numero uno: i finanziamenti, i soldi che servono. Con i guai che ci sono, in generale, nei paesi africani, è davvero illusorio pensare a una lotta alla desertificazione solo attraverso risorse finanziarie dei governi sul territorio. In proposito, per non cedere sempre al pessimismo, segnaliamo un caso piuttosto interessante: il Gabon, un paese meraviglioso, il cui territorio è coperto per il 90 per cento da boschi. Si tratta del primo paese africano che riceve, per proteggere gli alberi, fondi internazionali, e di una certa rilevanza, dalla comunità internazionale, e in particolare dalla Norvegia. Una nazione ricca, dove la natura è ben curata e ben protetta ha messo sul tavolo 150 milioni di dollari, da spendere in 10 anni, per proteggere foreste fluviali e ridurre le emissioni di gas serra di un’altra nazione, questa volta poverissima e ad alto rischio per il suo patrimonio naturale così consistente. Sembra impossibile, ma qualche volta i miracoli, anche nella lotta all’enorme e ingiusto spreco della natura, avvengono.
DEFORESTAZIONE IN ITALIA
In Europa, e in particolar modo in Italia, la situazione sembra invece essere diversa. Le foreste vivono una fase di nuova espansione, per effetto dell’abbandono dei terreni agricoli nelle zone marginali. Secondo il “Rapporto sullo stato delle foreste in Italia”, presentato dal Ministero delle politiche agricole, per la prima volta dopo tantissimi anni, nel nostro Paese le foreste hanno superato in superficie le aree agricole. Dal 1936 a oggi si sono espanse del +72,6%. Ma non bisogna abbassare la guardia, persiste infatti il problema di cicli di taglio del legno troppo brevi, anche a causa di decisioni nazionali e comunitarie che hanno incentivato in passato il prelievo di legname dalle foreste.
DEFORESTAZIONE IN EUROPA E NEL MONDO
In tutto il mondo quindi le politiche internazionali, affiancate da una cultura diffusa e consapevole dell’ambiente, devono oggi intervenire per invertire un irreversibile trend di consumo del pianeta. La strada da imboccare sembra essere una sola: lotta dura ai cambiamenti climatici e a uno sfruttamento smodato dei territori e delle risorse, accompagnata da investimenti mirati per il ripristino forestale delle aree colpite. Come fatto ad esempio dal governo neozelandese che, a partire dal 2017, ha promosso iniziative finalizzate a piantare più di 100 milioni di alberi all’anno all’interno dei suoi confini. Altrimenti le conseguenze di scelte colpevolmente scriteriate potrebbero sostanziarsi nella scomparsa di “gioielli” come le foreste tropicali. Che mondo vogliamo lasciare ai nostri figli?
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