Desertificazione in Italia: le zone più a rischio

Al primo posto la Sicilia, con il 70 per cento del territorio in pericolo. Specie nelle province di Agrigento, Trapani e Ragusa. Poi il Molise, la Puglia e la Basilicata

Desertificazione dati

Per capire, senza troppi sforzi e con semplicità, che cosa significa la desertificazione a casa nostra e come sia collegata ai cambiamenti climatici, basta dare uno sguardo ai dati recentemente raccolti dal Cnr. Oppure fare un giro in Sicilia, per esempio nei territori delle province di Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, Trapani ed Enna.

Da un lato il mare è caldo anche nei mesi autunnali, dall’altro versante il paesaggio è sempre più stravolto. E si avvicina a ciò che gli scienziati, senza lanciare urla catastrofiste ma solo analizzando i dati scientifici in loro possesso, annunciano per il 2050: la trasformazione di queste aree in lande desolate. Deserti, appunti.

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Gli esperti del Consiglio nazionale delle ricerche, nello stilare la classifica delle regioni più a rischio desertificazione in Italia hanno messo proprio la Sicilia in primo piano, con un territorio pari al 70 per cento della regione. Quasi i due terzi. Poi seguono il Molise (58 per cento del territorio), la Puglia (57 per cento) e la Basilicata (55 per cento). Anche la bassa Pianura padana, il Nord Est della Sardegna e la Puglia meridionale risultano essere zone ad alta intensità di degrado.
In una fascia di «rischio desertificazione» più bassa, tra il 30 e il 50 per cento, ci sono alcune regioni del Centro, come le Marche, l’Abruzzo e l’Emilia Romagna, mentre al Nord l’incremento della temperatura produce meno danni, rispetto al Sud e al centro, in termini di erosione del suolo. E ciò anche per il fatto che i sistemi irrigui sono più efficienti e quindi viene garantita una migliore circolazione dell’acqua necessaria per evitare che un’intera area si trasformi in un deserto.

Dagli studi del Cnr si conferma un altro aspetto fondamentale dello sviluppo sostenibile (in questo caso insostenibile…), e cioè il fatto che i problemi del cambiamento climatico, e in generale dell’ambiente, sono sempre più collegati con le questione sociali e con l’aumento delle diseguaglianze. Se il mese di agosto del 2019 è stato il mese più caldo della storia, dal 1880, è anche vero che i danni maggiori di questa tendenza li stanno subendo le regioni italiane più povere, e in alcuni casi più depresse. Uno spreco in più rispetto alla devastazione del territorio e all’emergenza climatica e ambientale.

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Infine, è importante ricordare quando si può parlare di desertificazione, per evitare di sprecare questa parola così pesante per la sostenibilità, e usarla quando davvero siamo in presenza del fenomeno collegato al cambiamento climatico. Un territorio viene classificato come «desertificato» se la sostanza organica nel suolo scende sotto l’1 per cento. E per produrre un solo chilo di sostanza organica servono 500 chilogrammi di acqua. Quella che arriva sempre meno. E che, specie al Sud, si spreca sempre di più.

Ai fini del rischio desertificazione, in Italia preoccupa la riduzione delle risorse idriche rinnovabili disponibili sul territorio: confrontando in media nel trentennio 1951-1980 con quella dell’ultimo trentennio (1993-2023), si nota che l’Italia ha perso il 13% della sua risorsa idrica, pari a 19 miliardi di metri cubi di acqua.Poco meno del volume dell’intero Lago di Garda e circa due terzi di tutta l’acqua che ogni anno viene prelevata dall’ambiente per sostenere le attività umane.

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