Per capire, senza troppi sforzi e con semplicità, che cosa significa la desertificazione a casa nostra e come sia collegata ai cambiamenti climatici, basta dare uno sguardo ai dati recentemente raccolti dal Cnr. Oppure fare un giro in Sicilia, per esempio nei territori delle province di Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, Trapani ed Enna.
Da un lato il mare è caldo anche nei mesi autunnali, dall’altro versante il paesaggio è sempre più stravolto. E si avvicina a ciò che gli scienziati, senza lanciare urla catastrofiste ma solo analizzando i dati scientifici in loro possesso, annunciano per il 2050: la trasformazione di queste aree in lande desolate. Deserti, appunti.
Dagli studi del Cnr si conferma un altro aspetto fondamentale dello sviluppo sostenibile (in questo caso insostenibile…), e cioè il fatto che i problemi del cambiamento climatico, e in generale dell’ambiente, sono sempre più collegati con le questione sociali e con l’aumento delle diseguaglianze. Se il mese di agosto del 2019 è stato il mese più caldo della storia, dal 1880, è anche vero che i danni maggiori di questa tendenza li stanno subendo le regioni italiane più povere, e in alcuni casi più depresse. Uno spreco in più rispetto alla devastazione del territorio e all’emergenza climatica e ambientale.
Infine, è importante ricordare quando si può parlare di desertificazione, per evitare di sprecare questa parola così pesante per la sostenibilità, e usarla quando davvero siamo in presenza del fenomeno collegato al cambiamento climatico. Un territorio viene classificato come «desertificato» se la sostanza organica nel suolo scende sotto l’1 per cento. E per produrre un solo chilo di sostanza organica servono 500 chilogrammi di acqua. Quella che arriva sempre meno. E che, specie al Sud, si spreca sempre di più.
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