La corruzione in Italia dilaga, ed aumenta il livello generale di complicità. Lo sconfortante quadro emerge dalla relazione annuale del procuratore generale della Corte dei Conti, Mario Ristuccia, che ha fornito un dato molto preoccupante: i casi di corruzione nel 2010, rispetto all’anno precedente, risultano in aumento del 30 per cento. Mentre diminuiscono le denunce e il malaffare assume i contorno di «una vera patologia nazionale» coperta da una «generale assuefazione». La denuncia della Corte dei Conti arriva dopo che, qualche settimana fa, Trasparency International aveva segnalato la costante caduta dell’Italia nella classifica mondiale che misura la trasparenza in tutti i paesi. Siamo finiti al 67° posto, dopo il Ruanda. E al centro dei furti ci sono innanzitutto i soldi pubblici, gli aiuti nazionali e i contribuiti dell’Unione europea. Una corruzione così al di sopra di una sogna fisiologica indica che nel paese, nonostante la slavina di Tangentopoli, la legalità è in caduta libera. E non solo per colpa della politica, che certo fornisce il cattivo esempio. Inoltre questo tipo di corruzione è un doppio spreco: denaro pubblico speso male e concorrenza, tra le imprese e i professionisti, cancellata. Il declino per l’Italia passa anche da queste statistiche.
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