Patricia Gualinga, Salomé Aranda, Nema Grefa, Margoth Escobar sono nomi probabilmente sconosciuti ai più, che non godono di nessuna particolare esposizione mediatica. Sono quattro delle tante voci di donna che ogni giorno, incessantemente e con coraggio, si levano per il diritto a vivere in un ambiente sano, protetto e non inquinato. Per una casa accogliente e viva, come viva è l’Amazzonia, la più grande foresta pluviale del mondo e la culla della biodiversità, messa in pericolo da anni e anni di sfruttamento intensivo e, oggi, ancora di più dopo l’elezione del presidente brasiliano Bolsonaro.
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DONNE INDIGENE CHE LOTTANO PER LA DIFESA DELL’AMBIENTE
Con Greta Thunberg condividono il coraggio e la passione, la determinazione, e anche, purtroppo, attacchi e ingiurie di ogni sorta. A peggiorare le cose, purtroppo, c’è il fatto che tutte e quattro appartengono ad etnie indigene di piccole comunità in lotta, spesso mal tollerate dai governi centrali, che non esitano a utilizzare le maniere forti per sedare le proteste e il dissenso. Per cui i destini di queste quattro piccole donne restano appesi al filo delle tante organizzazioni che si battono al loro fianco e alle tante piccole vittorie di ogni giorno. Come nel caso di Patricia Gualinga, leader del popolo Kichwa della comunità di Sarayaku, in Ecuador. Una notte dell’anno scorso, mentre è sola in casa, un uomo sconosciuto le lancia delle pietre alle finestre. Appena scende in strada, dell’aggressore non vi è traccia, ma parole terribili rompono il silenzio: “La prossima volta ti uccideremo!”. Lo racconta Amnesty Internatinal, che ha lanciato una mobilitazione per la difesa e la protezione di Patricia, che ha denunciato l’accaduto ma non è stata supportata né aiutata in nessun modo.
La colpa di Patricia Gualinga è solo quella di desiderare che la sua casa, e la nostra, non sia minacciata dall’alto impatto ambientale delle trivelle petrolifere delle multinazionali. La sua voce, nel 2018, è stata ascoltata anche in Vaticano.
Stessa sorte è toccata a Nema Grefa, di origine Sápara, popolazione indigena della provincia di Napo, nell’Amazzonia ecuadoriana. Cacciata dalle sue terre ed estromessa dal suo ruolo a capo della comunità per via delle pressioni di gruppi di potere favorevoli agli insediamenti petroliferi. Nema, però, continua con coraggio la sua vita da attivista dei diritti umani e delle popolazioni indigene. Senza avere paura, nemmeno quando un uomo armato di lancia l’ha minacciata di morte per poi pubblicare un video sui social media.
DONNE IN LOTTA DELL’AMAZZONIA
Land grabbing e sfruttamento del suolo. Sono solo due delle criticità derivanti dai processi estrattivi in una zona così ricca di flora e fauna ma anche di giacimenti petroliferi, che la rendono preda facile di potere e affari. In difesa di un territorio patrimonio di tutti sono scese in campo anche Salomé Aranda e Margoth Escobar.
Salomé è la leader delle donne di una comune del villaggio di Moretecocha, nella provincia di Pastaza, bacino del fiume Villano, territori da tempo nel mirino delle industrie petrolifere proprio per la vicinanza al corso d’acqua. Vogliono impiantarci una raffineria, noncuranti degli abitanti.A suon di documenti e violenze sessuali, agite e minacciate contro le donne indigene nell’indifferenza generale.
Salomé Aranda di etnia Kichwa, in un incontro del 2018 con il presidente Moreno, ha denunciato l’impatto ambientale dell’industria del petrolio sul territorio in cui vive, e i casi di violenze contro le donne passate sotto silenzio. Minacciata e aggredita con pietre contro la sua abitazione, le autorità non hanno previsto, per lei, nessuna misura di protezione.
La stessa, triste, sorte di Margoth Escobar, una vita spesa per difendere l’ambiente e ai diritti dei popoli indigeni, fin dal lontano 1970. Membro di spicco del Colectivo de Mujeres Amazonicas (Collettivo di donne amazzoniche) che lotta per porre fine all’impatto dell’estrazione mineraria e petrolifera nei territori delle popolazioni Achuar, Shuar, Waorani, Sapara e Shiwiar. Nel 2019 la sua casa è stata data alle fiamme, un incendio di matrice dolosa in cui ha perso tutte le sue cose. Come Salomé ha denunciato pubblicamente questa aggressione, ma chi la ha attaccata non è stato né identificato, né, tantomeno, punito.
Quattro nomi diversi di quattro donne diverse che hanno storie simili alle spalle: continuano ogni giorno il loro cammino, proteggendo il bene comune e il diritto a una vita in un ambiente sano e protetto. Le quattro Greta dell’Amazzonia non intendono fermarsi né arrendersi, ma sarebbe fondamentale che i riflettori del mondo si accendessero sul loro operato per ringraziarle e proteggerle. Glielo dobbiamo.
(Immagine in evidenza tratta da eluniverso.com //Photocredits: El Universo)
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