Si tratta di due ragazzi di Domodossola, entrambi classe 1987, studenti a Pavia all’ultimo anno di università: Massimo nella facoltà di Giurisprudenza, Danilo in Business Management. Ma di che stiamo parlando esattamente?
“ Nel 2009 l’Unione Europea ha chiesto ai produttori di creare un unico caricabatteria per tutte le marche di cellulari”, spiega Massimo Garzulino. “ Così io e Danilo abbiamo pensato: se finalmente arriva il modello universale, perché non trovare il modo per eliminare la noia di portarselo sempre in giro?”. Insomma, bando ai cavi e cavetti che una volta su due si dimenticano da qualche parte. La soluzione pensata? Inserire il caricatore nel muro.
“ Con temporizzatore, è importante sottolinearlo: così facendo non solo togliamo i fili volanti dalle case, ma facciamo risparmiare energia”, racconta Massimo. “ Dopo due ore di carica, il dispositivo si spegne. In questo modo si può attaccare il telefono alla presa prima di andare a letto, sicuri che non ci sarà lo spreco di energia che c’è attualmente”.
Avuta l’idea, i due studenti si mettono in testa di realizzare il brevetto: “ Abbiamo controllato prima su Google, poi all’ufficio brevetti. Quando abbiamo visto che sul mercato non c’era nulla di simile a quello che stavamo pensando siamo partiti”, continua Massimo. Primo passo: realizzare un disegno del prototipo con Autocad. Risorse impiegate: un amico bravo a usare il programma. Secondo passo: tradurre il proprio pensiero nella lingua della burocrazia italica. “ Abbiamo contattato uno studio di Milano specializzato proprio in questo: nel rendere inattaccabili i brevetti, per evitare spiacevoli situazioni una volta arrivati sul mercato”.
Poi, finalmente, è arrivato il momento di realizzare il prototipo. A questo ci ha pensato un’azienda di Torino. Con in mano il modello, i due ragazzi sono partiti come molle per presentare il prodotto alle aziende di domotica, ma l’inizio non è stato entusiasmante: “ La norma del caricabatteria universale è in vigore da poco, per cui molti ci hanno risposto di tornare quando, e se, l’Unione Europea avesse veramente concluso l’iniziativa. E poi bisogna ammetterlo: presentarsi così, come Massimo Garzulino e Danilo Spanò non faceva un grande effetto”.
Decisamente meglio fondare una società. E ora? “ Ora abbiamo la nostra società, la norma è in vigore e stiamo facendo nuovi colloqui. In Italia e all’estero.”. Il problema più grande, in Italia? “ Riuscire a parlare con le persone giuste. All’inizio mandavamo lettere di presentazione, ma restavamo impantanati fra segretarie e portavoce. Ora abbiamo cambiato tattica: telefoniamo e chiediamo appuntamenti direttamente con i responsabili. L’idea c’è, e crediamo sia buona, ma in Italia è così complicato.. per questo presto tenteremo anche con la via estera. Magari altrove fissare un collo
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