Di recente ero a cena con una mia ex professoressa. Pur riconoscendo l’importanza degli incentivi (o proprio per questo) la deliziosa signora lanciava i suoi terribili strali contro Alessandro Profumo e la sua liquidazione multimilionaria, ricevuta in barba alle forti perdite subite dagli azionisti di UniCredit. Non potevo che annuire. Ma non mi sfuggì una certa ironia.
Un suo amatissimo parente è un famoso manager, che siede nel comitato remunerazione di altre imprese e ha contribuito a pagare liquidazioni multimilionarie. Di chi è colpa se alcuni manager sono strapagati: dei manager stessi o dei consiglieri di amministrazione che votano tali stipendi?
Certo, decenza e professionalità vorrebbero che un manager non chiedesse la luna. Ma in linea di principio il compenso annuale e la liquidazione dovrebbero essere decisi, in totale autonomia, dal consiglio di amministrazione, su proposta del comitato di remunerazione. Spesso i consiglieri, ansiosi di conquistarsi le benevolenze del management, offrono pacchetti estremamente generosi. Ci aspettiamo veramente che i manager dicano no, questo è troppo? Quanti di noi, in tutta onestà, farebbero altrettanto?
La responsabilità dei compensi eccessivi quindi non è dei manager, ma dei consiglieri di amministrazione che votano questi pacchetti. Ancora più la responsabilità è dei consiglieri che siedono nel comitato remunerazione. Sono loro che ricevono le informazioni tecniche sui livelli di mercato. E sono loro che hanno il compito di istruire la pratica e fare le proposte al Consiglio. Nella maggior parte dei casi queste proposte sono accettate in toto o modificate in maniera marginale. Sono loro i maggior responsabili.
La lista dello scandalo che ogni anno i giornali pubblicano, però, include solo il nome dei manager e i loro compensi. I nomi dei membri dei comitati di remunerazione sono sepolti nelle relazioni allegate al bilancio, ignorate dai più.
Per questo motivo, sul Sole 24 Ore vorrei dare inizio a una nuova tradizione: la pubblicazione, per trasparenza, dei nomi dei membri dei comitati remunerazione dei cinque manager più strapagati d’Italia. Si noti, non più pagati, ma più strapagati, perché pagare tanto il talento non è cosa di cui vergognarsi.
Per evitare personalismi, imporrò degli standard. Innanzitutto, per cominciare è necessario dividere tra compensi normali e liquidazioni. Le liquidazioni sono elevate e "una tantum" e quindi falsano la lista dei compensi. Per quanto riguarda i compensi annuali (fisso più bonus), dividerò tra presidenti non esecutivi, amministratori delegati, e quelli che i francesi chiamano "Pdg" (presidenti che sono anche amministratori delegati). Per entrare nella lista, il manager deve essere stato pagato di più che la mediana dei compensi tra le imprese europee della stessa classe dimensionale. La quinta palma andrà al comitato che ha pagato complessivamente di più in spregio della performance azionaria del titolo nell’anno precedente.
Nella categoria delle liquidazioni, la palma va ovviamente al comitato remunerazione di Unicredit, che ha pagato 38 milioni di euro di liquidazione a Profumo. In Europa questi pagamenti sono in media una-due volte il compenso medio annuo, che corrisponderebbe a un valore tra i 2,5 e i 5 milioni. I principali responsabili sono Dieter Rampl, Luigi Castelletti, Enrico Tommaso Cucchiani, Piero Gnudi, Friedrich Kadrnoska, Carlo Pesenti e Hans Jürgen Schinzler, componenti del comitato remunerazione.
Nella categoria presidenti non esecutivi la palma va al comitato di remunerazione della Fiat. In Europa i presidenti non esecutivi ricevono in media 600mila euro all’anno. Il comitato della Fiat ha pagato Luca Cordero di Montezemolo, presidente della controllata Ferrari, ben 12 volte tanto: 7,5 milioni di euro. I principali responsabili sono Roland Berger, Luca Garavoglia e Mario Zibetti, componenti il comitato remunerazioni.
Nella categoria "Pdg", la palma va ai componenti del comitato remunerazione di Pirelli Spa, che hanno pagato Marco Tronchetti Provera 5,95 milioni. I maggiori responsabili sono Alberto Bombassei, Umberto Paolucci e Giampiero Pesenti, a cui si aggiungeva il professor Berardino Libonati, prematuramente scomparso in novembre. La generosità della famiglia Pesenti paga, visto che Giampiero Pesenti appare a sua volta ai vertici delle classifiche con 3,9 milioni di compenso come presidente di Italcementi (di cui 2 per trattamento di fine mandato).
Nella categoria "ad", la palma va ai componenti del comitato remunerazione di FonSai, che hanno pagato complessivamente 5 milioni Fausto Marchionni, più degli amministratori delegati di Eni, Enel e Generali, che hanno una capitalizzazione di Borsa rispettivamente 70, 40 e 25 volte quella di FonSai. Fino a ottobre 2010 nel comitato remunerazione sedeva lo stesso Fausto Marchionni, Enzo Mei e Cosimo Rucellai. Quante persone possono vantare il privilegio di sedere nel proprio comitato di remunerazione? Per fortuna che la società si affretta a chiarire nella relazione di bilancio 2009 che «l’amministratore delegato non ha peraltro mai partecipato a riunioni in cui venisse decisa la sua remunerazione». Non ce n’era bisogno, visto che i due membri indipendenti erano rispettivamente il presidente della Società Gestione Capannelle, nel cui ippodromo si svolge ogni anno il concorso ippico sponsorizzato da Fondiaria Sai, e il vicepresidente di Milano Assicurazioni, una società del gruppo.
La generosità di questo comitato si vede anche dai compensi offerti al presidente Jonella Ligresti (2,4 milioni contro una media europea di 600mila) e al presidente della controllata Immobiliare Lombarda Gioacchino Paolo Ligresti (2,9 milioni). Sarebbe interessante sapere se il Consiglio di FonSai, «che ha ritenuto opportuno chiamare a far parte del Comitato remunerazione anche l’amministratore delegato per motivi di opportuno coordinamento con la gestione aziendale», si sia preoccupato che le decisioni prese potessero essere influenzate dal fatto che l’ex amministratore delegato determinava i compensi dei suoi azionisti di controllo.
Vista la composizione del Comitato remunerazione di FonSai non è sorprendente che vinca anche la palma per compensi straordinari in spregio alla performance di Borsa. FonSai nel 2010 ha perso il 40% del valore, contro un declino del Mib di solo l’11%, ciononostante l’amministratore delegato è stato premiato con 5 milioni. E poi molti dicono che la buona corporate governance non conta!
Il rischio maggiore nel compilare questa lista è che si riveli un’utile forma di pubblicità per i consiglieri generosi: i manager più avidi faranno di tutto per cooptarli nei propri consigli. Per evitare quest’effetto perverso il prossimo anno monitoreremo anche in quali società questi consiglieri generosi sono stati nominati. In quel caso potremo proprio dire che gli stipendi eccessivi i manager sono andati a cercarseli.
Luigi Zingales
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