Urlare non serve per educare i figli

Sono altre le cose necessarie. Genitori che facciano il loro mestiere, diversificando i ruoli. E non diventando amici dei figli o elicotteri sempre pronti a intervenire

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Difficile, diciamo anche impossibile, trovare un genitore che non abbia mai urlato in testa a un figlio. O non abbia mai piazzato, durante la sua carriera di padre o di madre di un minorenne, il colpo di un castigo.  Una cosa quasi naturale, specie di fronte allo sfinimento che può arrivare quando abbiamo di fronte bambini davvero molto vivaci. Eppure è sempre più difficile trovare un onesto educatore, consapevole del proprio ruolo e competente sulle cose che ha studiato, che non riconosca una semplice verità: urlare non serve. Stessa cosa per il castigo facile.

EDUCARE SENZA RABBIA

La distinzione non è difficile da fare. Un conto è se, nel corso di una discussione o per uno specifico episodio, ci scappa una sgridata ad alta voce, anche con un urlo di rabbia. Fin qui ci siamo. Altra cosa, invece, è alzare la voce al massimo volume come metodo, per farsi ascoltare, per farsi rispettare, per educare un figlio.

EDUCARE SENZA URLARE

Si tratta, infatti, di un metodo sbagliatouno spreco di energie, che può solo peggiorare i rapporti, come spiega nei suoi libri “Urlare non serve a nulla” e “Punire non serve a nulla” ( entrambi Edizioni Bur) il pedagogista Daniele Novara, docente all’Università Cattolica di Milano. «Il genitore efficace, sul piano dell’educazione, è quello che non si abbandona alla rabbia» spiega Novara, «Non si offende e non fa ritorsioni, non fa l’amicone dando quella confidenza che è pronto a ritirare violentemente alla prima occasione, non vuole trasformare e plasmare i figli a proprio piacimento.

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COME EDUCARE SENZA URLARE

E quanto alle regole, Novara ricorda che in famiglia non bisogna esagerare con le parole e con le discussioni infinite: ne servono poche e chiare. Una buona idea, da applicare anche fuori casa.

Del resto, come si legge nella descrizione del libro, farsi ascoltare dai figli non è mai stato semplice e la mancanza di tempo associata allo stress rendono questo compito ancora più difficile. Ecco perché molti genitori si trovano ad alzare la voce. Ma è un metodo inefficace, che non dà i risultati sperati con i bambini. Daniele Novara, pedagogista ed esperto di conflitti interpersonali, in questo libro si rivolge proprio ai genitori suggerendo come imparare a controllare le proprie reazioni emotive in modo da riuscire a farsi ascoltare e gestire nel modo migliore i conflitti che si generano ogni giorno con i figli.

Il volume è ancora più efficace perché parte dal racconto di storie vere. Da qui l’autore sottolinea come per educare bene servano semplicemente regole chiare, organizzazione e una buona comunicazione.

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COME FARSI UBBIDIRE DAI FIGLI

Come le urla, anche i castighi sono nella lista nera di Novara. Il pedagogo piacentino, e come lui tanti altri, li considera uno spreco: inutili. E controproducenti in quanto non consentono una crescita autonoma, e non agevolano un percorso verso la responsabilizzazione del bambino. Un genitore deve tenere conto del fatto che, lo confermano le ultime ricerche scientifiche, la piena maturità non arriva prima dei vent’anni, e quindi sbagliare è un processo naturale verso questa meta. Ovviamente, l’assenza del metodo ricorrente del castigo non significa restare inerti e indifferenti di fronte agli errori del figlio, e non reagire in proporzione alla loro gravità.

I CASTIGHI SERVONO?

Piuttosto, è ben più importante, rispetto all’effimero castigo, il gioco di squadra che i genitori riescono a fare rispetto ai figli, anche dividendosi i ruoli. La loro capacità di adeguarsi all’età e alla sua evoluzione, sapendo che ogni età porta esigenze diverse che pure vanno tenute in considerazione: e ancora: poche, ma chiare regole, e nessuna confusione dei ruoli. Il genitore è un padre o una madre, non un amico, un simpatico amico, dei figli.

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LA SEVERITÀ CHE SERVE CON I FIGLI

Il 60 per cento dei genitori italiani usano le urla per educare i figli, rimproverarli e metterli a disagio. Fanno un’enorme confusione, probabilmente, tra la necessaria autorevolezza  e uno sterile autoritarismo. Una dose di severità è sempre necessaria, guai a negarlo, Ma non deve mai tracimare nella paura, nella fine del dialogo, nella tensione. Un conto è saper dire i no che servono, altra cosa è arrivare, attraverso un uso distorto della severità, alle porte chiuse con i figli. Una sconfitta per tutti.

QUALCHE CONSIGLIO PER EDUCARE BENE I PROPRI FIGLI:

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