EFFETTI DROGA E ALCOL SUL CERVELLO
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- Quindi quando uno dei responsabili del massacro afferma “”Non so perchè l’ho fatto”, sta dicendo la verità?
Sì, una triste e drammatica verità. Il suo lobo frontale del cervello si è spento al momento del delitto, e questo ovviamente spiega, ma non giustifica, il terribile delitto. Come l’aggravante del gruppo, che rende contagiosa la violenza. Immagini un cane che, in compagnia di una muta scatta all’attacco. A quel punto gli altri lo imitano, la stessa dinamica del festino.
- In queste generazioni l’uso contemporaneo di alcol e droga è molto frequente. Perché? Una ricerca esponenziale del piacere?
La combinazione abbassa qualsiasi freno inibitorio, ci si sente invicibili. Dalle ricerche che facevamo con il Dipartimento, in collaborazione con il Cnr, sulle tracce di droghe nell’aria, scoprimmo che i picchi di consumo di cocaina si registravano duranti le “notti bianche”. I ragazzi si trasformano, sotto il segno della violenza, e la notte diventa bianca davvero, nel doppio senso: per l’orario e per il fiume di coca che scorre.
- Eppure i consumi di cocaina sono diminuiti.
E’ vero, come è diminuito il consumo di eroina. Sono i frutti di una politica di prevenzione, non repressiva, che potevamo fare, e che oggi è stata cancellata.
- Come lo spiega?
Bella domanda. Io parto dai fatti….
- E’ un effetto della nuova ondata di prese di posizione a favore della liberalizzazione delle droghe “leggere”?
Questo è un aspetto che riguarda l’opinione pubblica. Ci sono dei liberi pensatori in Italia, come in tutto il mondo, che sostengono la liberalizzazione della cannabis, definendola impropriamente una droga “leggera”, laddove la scienza dimostra che è pesantissima per i danni provocati dal suo consumo, e anche della cocaina, sulla base di due presupposti sbagliati.
- Quali?
Il primo è che liberalizzando la droga si riesce a dare un colpo alle organizzazioni criminali che controllano il suo traffico. Una teoria suggestiva, ma mai dimostrata sul piano concreto e da analisi rigorose sul campo. Semmai mi domando: se liberalizziamo la droga, che facciamo con i medici o con gli autisti che la assumono regolarmente? Affidiamo loro le vite delle persone senza alcun freno?
- E il secondo presupposto sbagliato?
Si chiama libero arbitrio. Il consumo di droga, lo ha detto bene a suo tempo Romano Prodi, non è un diritto. E laddove si ledono i diritti di altre persone, cessa il riconoscimento della nostra libertà. Ma in ogni caso, ripeto, qui siamo nel campo delle opinioni, e ognuno può dire quello che gli pare. A me spaventa il problema politico. . . .
- Come lo può dimostrare?
Guardi le statistiche sugli incidenti stradali, specie quelli mortali. Diminuiscono i casi che nascono dall’alcol, perché funzionano i controlli della polizia stradale, ma aumentano gli incidenti causati da guidatori drogati. Perchè i controlli non esistono. Eppure è pronto da tempo un progetto, con il coinvolgimento di sette università italiane, disposte a collaborare, con personale qualificato, per un piano straordinario di prevenzione antidroga sulle strade.
- Ma ci sarà qualcuno che fa ancora ricerca sulle tossicodipendenze.
Il Dipartimento aveva fatto una scelta molto precisa, per evitare sprechi e clientele: i soldi andavano direttamente alle università, agli istituti di ricerca, senza passaggi intermedi. Adesso invece il Dipartimento intende affidare questo ruolo a un’Agenzia che avrebbe la funzione di filtro. Un inutile doppione, un passaggio in più, che rende la procedura più opaca e meno efficace. Infatti sappiamo solo una cosa: al momento la ricerca antidroga, finanziata dal governo, è bloccata.
- Lei ha capito l’obiettivo del Dipartimento?
Semplice: trascinare l’Italia sulla sponda della liberalizzazione della droga. Le sue riunioni sono diventate come gli incontri dei carbonari. Abbiamo avuto notizie di una riunione, convocata dal Dipartimento antidroga, la scorsa settimana, dove sono state chiamate a partecipare solo associazioni favorevoli alla liberalizzazione.
- Di che cosa si parlava?
Ecco il punto. Il tema era importante: si tratta di definire la posizione italiana alla prossima conferenza mondiale dell’Onu per le politiche internazionali sulla lotta alla droga, che si terrà a Vienna tra un paio di settimane. E il Dipartimento intende fare in modo che l’Italia chieda la revisione delle convienzioni internazionali.
- Una scelta rischiosa…
Una scelta rischiosissima, ma altrettanto lucida. Se cade, per esempio, la convenzione internazionale che vieta la coltivazione domestica della cannabis, lei capisce bene che si apre una diga per fare spazio alla liberalizzazione. E tenga conto che la Commissione europea si è già espressa, in vista della riunione di Vienna, con una posizione molto conservativa su tutti gli attuali accordi, e contraria alla liberalizzazione.
- Mi scusi, ma il Dipartimento può prendere decisioni così delicate senza la copertura del capo del governo e del ministro competente?
E’ la stessa cosa che vorrei sapere io. Anche perché, in via gerarchica, il Dipartimento dipende da palazzo Chigi. Il premier Renzi e il ministro Lorenzin condividono questa linea politica sulla droga? Riflette le loro opinioni e ne hanno parlato con gli altri ministri e i partiti della maggioranza? Sono domande che, a questo punto, meritano una risposta. Almeno per fare chiarezza.
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