Elogio della sana pigrizia

Un conto è la pigrizia accidiosa, senza voglia di fare nulla e senza coraggio. Altra cosa è la pigrizia per difendersi dal dispotismo della tecnica. La differenza, impossibile sul piano lessicale ma reale nella vita, è sostanziale

QUANDO LA PIGRIZIA È POSITIVA

In quale parte del corpo e della mente si nasconde il motore della pigrizia? Perché sprechiamo le nostre energie vitali, e arriviamo perfino a spegnere i nostri talenti, nel falò dell’accidia? Ci sono molte risposte a queste domande e possiamo partire da un assunto, anche semplice da dimostrare: in quanto vizio capitale, la pigrizia è semplicemente uno spreco. Porta ad avere pochi desideri, poca voglia di futuro, pochi sogni. E ti appiattisce su una forma dell’arrangiarsi attorno alla quale è cresciuta una fortunata letteratura commerciale ma si è spenta nella sfortuna dell’apatia collettiva un’intera società. Con le conseguenze che conosciamo, in termini di arretratezza e di emigrazione forzata, delle regioni meridionali.

Ma c’è pigrizia e pigrizia. E la differenza non è sottile, ma sostanziale, anche se purtroppo il lessico non consente di fare una precisa distinzione. La prima è la pigrizia accidiosa, di chi trova sempre un buon motivo per non fare nulla, in casa come sul lavoro, a scuola, come in una comunità di amici. E’ uno dei sette peccati capitali, bollato non solo dal cristianesimo ma da tutte le religioni monoteiste (nessun Dio è pigro, e l’uomo resta a sua immagine e e somiglianza) . La pigrizia accidiosa brucia i propri talenti, spreca le energie che ognuno di noi possiede, taglia il terreno sotto i piedi della vita. Ti mette in una condizione di perenne letargo dove l’unica cosa che riesci a sentire forte e chiara è il rancore, l’invidia nei confronti degli altri che invece, con il loro attivismo e con il loro impegno, riescono a raggiungere risultati importanti.

Benefici

La pigrizia accidiosa non profuma di vita, ma puzza di morte. Spegne singole persone e intere società, accumula una serie infinita di occasioni perdute e sprecate, allarga distanze e diseguaglianze. Non produce alcuna spinta a condividere qualcosa di utile e di costruttivo, ma semmai ti spinge a rintanarti con i tuoi simili, quelli che condividono con te questo strazio di sentimenti opachi e tenebrosi. Poi c’è una pigrizia autodifensiva, uno stile di vita che oggi appare rivoluzionario, che si fonda sulla pacatezza, sul religioso rispetto del tempo e dei cicli naturali, sull’osservazione prima dell’azione sempre e comunque, sul pensiero che porta a respirare prima di parlare a sproposito. È una pigrizia oziosa, laddove l’ozio ti protegge da questa corsa frenetica nella quale tutti siamo schiacciati nella vita quotidiana, prigioniera del tempo presente. Solo e sempre presente.

La pigrizia contro il dispotismo della tecnica

Questa forma di pigrizia ha un enorme valore di segno positivo. È la più importante difesa, forse l’unica davvero vincente, che abbiamo contro il dispotismo autoritario della tecnica. Una dittatura che schiaccia l’uomo come persona e gli impone attivismo e connessioni continue, h24. È la pigrizia contro l’obbligo di essere sempre a portata di mail, di clic e di link. Contro l’arrendersi a una forma di razionalità, quella della tecnica, tutta imperniata sull’io e sull’egotismo, senza spazi, neanche fessure, per vedere davvero l’altro. Questa è una pigrizia che dovremmo imparare a coltivare, e non provare a soffocare.

Quando la pigrizia è positiva

La pigrizia autodifensiva ti fa correre quando serve. Ma ti aiuta a rilassarti quando puoi permetterlo. Ti consente di recuperare l’emozione di uno sguardo che si allunga su un bel panorama, su un tramonto, sulle nuvole che si addensano in cielo. È una pigrizia che non cede un millimetro all’ansia, allo stress, al logorarsi nelle continue rincorse di qualcosa che spesso è il nulla più totale. È la pigrizia del riposo. Del ritrovare se stessi. Nel perdere tempo con amici piacevoli e spiritosi. Dell’abbandonarsi a una lettura, a un’opera d’arte, a un film, a una musica, a quelle sensazioni che fanno battere davvero il cuore e ci trascinano verso l’assolutismo del Bello. È una pigrizia tutta da scoprire, come recita, con un titolo accattivante, il libro Elogio della pigrizia (edizioni Dehoniane) scritto da Jacques Leclercq. È una pigrizia che argina la frenesia, e distilla, come gocce di un elisir, il profumo di un’indolente felicità.

Pigrizia senza accidia

La pigrizia che vi proponiamo in uno stile di vita leggero non è un sinonimo dell’accidia. Ma semmai un contrario. Trova la sua forza nel darsi una disciplina naturale, per esempio nel non restare prigionieri di una navigazione no stop nell’universo di Internet, e nel sentirsi disponibili con chi vogliamo sostenere, senza stare a controllare le lancette dell’orologio quando incontriamo un parente anziano o malato. La nostra pigrizia, per un’esistenza più lenta e pacata, è un soffio di felicità, secondo quanto diceva il filosofo Pascal: “La felicità vera sta solo nel riposo e non nel tumulto”. Aggiungendo l’invito a stare almeno un’ora al giorno a pensare  a se stessi. A concentrarsi, pigramente, nel proprio stato d’animo.

Le frasi celebri

È un peccato il non fare nulla con la scusa che non possiamo fare tutto. (Winston Churchill)

Lo statista inglese era un uomo d’azione, anche a costo di sfidare l’impopolarità. La pigrizia accidiosa spesso si fonda su un alibi: non siamo in grado di fare tutto. Cosa scontata, ovviamente, che non giustifica la scelta, equivalente a una sconfitta e allo spreco delle nostre qualità, di stare con le mani in mano.

Un uomo non è pigro se è assorto nei propri pensieri; esiste un lavoro visibile e uno invisibile. (Victor Hugo)

Questa invece è la pigrizia creativa, di segno positivo. Non bisogna essere per forza dei geni per prendersi il proprio tempo, e andare alla ricerca, come in uno scavo, di qualcosa dentro di noi, da tirare fuori. Altro che pigrizia in senso denigratorio: questa, come diceva lo scrittore francese, è attività pura. Con i suoi giusti tempi.

Il pigro è d’ostacolo a sé stesso. (Confucio)

In un attimo, e in modo automatico, la pigrizia negativa diventa spreco. Un macigno che ci paralizza blocca la nostra capacità di crescita e di intervenire, specie nelle occasioni in cui è indispensabile. Il pigro diventa così uno sciupone, una persona che riesce a farsi male da solo, con le sue mani.

La pigrizia è una condizione deliziosa ma stressante; si deve fare qualcosa per essere felici. (Mahatma Gandhi)

Anche Gandhi era un uomo d’azione, fornito di un grande fascino carismatico. Ma la sua azione, che lo rendeva felice come tutti gli uomini gratificati dal fare e dai risultati che ne possono derivare, poggiava sempre su un pensiero. Per il quale serve anche “la deliziosa pigrizia”. Purché non si esageri.

Leggi anche:

Vuoi conoscere una selezione delle nostre notizie?
Torna in alto