Sprechi e privilegi in Campania: il carrozzone degli enti inutili

La mappa di società che servono solo a regalare posti nei consigli e stipendi. All’Agenzia per la Sanità un dirigente ogni due dipendenti. Ogni università si è fatta la sua azienda per il diritto allo studio. Da 10 anni bisogna chiudere gli Ept, ma sono ancora tutti al loro posto…

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ENTI INUTILI CAMPANIA

Nella giungla, talvolta, è perfino difficile trovare l’indirizzo. Così serve una mappa, una vera guida come il navigatore dell’automobile, per orientarsi nel dedalo di agenzie, aziende, partecipate, fondazioni, istituti, che a vario titolo sono controllate dalla regione Campania. Con una moltiplicazioni di posti, spesso da dirigenti, e di consigli di amministrazione e con una evidente sovrapposizione di funzioni. Da qui si capisce bene come l’amministrazione regionale, in questi anni, sia diventata una sorta di stipendificio, sostituendo, grazie alla consistenza della sua dotazione finanziaria, le precarie amministrazioni comunali. E ciò anche a danno di tanti lavoratori onesti, che nonostante tutto, continuano a fare il loro mestiere.

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LE AGENZIE

Prendiamo il caso delle agenzie, che spaziano dall’ambiente alla sanità, dal lavoro all’istruzione. Che cosa poi facciano di concreto, nessuno è in grado di dirlo, salvo una generica attività di «supporto tecnico». L’Arcadis, dove il presidente Vincenzo de Luca ha fatto il suo ultimo blitz al grido «Qui nessuno lavora», ha 69 dipendenti e diversi consulenti per occuparsi della difesa del suolo. Tra i suoi compiti c’è ancora il «supporto tecnico» per l’emergenza di Atrani, dove l’alluvione risale al settembre del 2010, e per l’eterno cantiere del progetto Sarno. Non sappiamo se e che cosa rimarrà dell’Arcadis, creata nel 2012, anche se le sue attuali funzioni sono chiaramente una copia di competenze dell’assessorato dell’Ambiente. Già deciso, invece, il destino dell’Arsan (nata nel 2010), l’Agenzia sanitaria regionale della Campania: è stata soppressa con una delibera della giunta e con una legge regionale, e le sue attività faranno capo al servizio del Nucleo ispettivo dell’assessorato alla Sanità. Il risparmio previsto è di 8 milioni di euro, ma si tratta di una cifra del tutto teorica perché nell’organico dell’Arsan risultano 49 dipendenti, dei quali 34 pagati direttamente dalla regione (gli altri sono a carico delle aziende sanitarie,  a partire dai 15 dirigenti. Uno ogni due lavoratori. Dove si ricollocheranno queste persone, che costano buste paga da 100mila euro l’anno? E con quali qualifiche? Inoltre: Chi pagherà il conto? Le stesse domande si pongono a proposito dell’Arlas (anno di nascita: 2009), l’Agenzia campana per il lavoro e l’istruzione, eliminata con una delibera della giunta che deve ancora tradursi in una legge regionale. Qui la stima è un risparmio di 3 milioni di euro, intanto sul sito dell’Arlas compaiono dati Istat aggiornatissimi, al 12 dicembre scorso, sulla disoccupazione in Campania, ma il suo piano di attività risale al 2013. Due anni fa.

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GLI ORFANOTROFI

Dalle agenzie di supporto agli orfanatrofi. La regione, per il momento, ha censito 16 Istituti di pubblica assistenza e beneficenza (Ipab) che possono essere estinti per «inattività». Esistono solo sulla carta, come la Casa di riposo Stella Mattutina, l’Orfanatrofio dell’Addolorata, il Conservatorio Ave Gratia Piena, l’asilo Vittorio Emanuele II e l’istituto  Vittorio Emanuele III.  Siamo nell’Italia monarchica, ma il trasferimento in quella repubblicana non si può fare in un giorno: bisogna prima nominare dei commissari, poi trasferire i beni di questi istituti ai comuni e infine procedere alla cancellazione. Potrebbero passare anni. E qui il vero spreco è proprio nell’enorme patrimonio immobiliare, palazzi, case, residenze, terreni, che potrebbero essere utilizzati dai comuni, sempre a corto di risorse,  per fare della vera assistenza sul territorio. E non una beneficenza virtuale.

LE ATTIVITÀ NO PROFIT

A proposito di attività no profit, in questi anni la Campania ha fatto un’indigestione di Fondazioni. Se ne contano ben 53, anche di cose che non sono mai decollate, come il Forum delle Culture del 2013, a cavallo tra sanità, arte, beni culturali e premi vari. Da una prima ricognizione, del tutto provvisoria, l’amministrazione regionale sembra intenzionata ad accorparne almeno 30 in un unico, nuovo soggetto che si occuperà di turismo e beni culturali. Ci riuscirà? E sarà davvero un risparmio, o nascerà un nuovo mini-carrozzone?  Il vizietto della moltiplicazione dei centri di spesa, e di potere, non ha risparmiato nessun settore.  Sotto lo stesso cappello Adisud (Aziende per il diritto allo studio universitario) si è pensato bene  di creare bene sette società, con sette consigli di amministrazione, e sette centri di spesa: ogni università, dal Suor Orsola Benincasa all’Unisannio, ha voluto la sua società per il diritto allo studio. Adesso si pensa di ridurre l’Adisud a due contenitori, uno per la città di Napoli e l’altro per le sedi universitarie delle altre province della regione. Un passo minimo sulla strada della razionalizzazione che dovrebbe portare a un risparmio di 1 milione di euro, con l’eliminazione di cinque consigli di amministrazione , cinque sedi in affitto, cinque centralini telefonici, etc…   Da una decina di anni, invece, si parla della soppressione dei cinque Enti provinciali per il turismo (Ept) e delle 15 aziende di Cura, soggiorno e turismo. Si parla, si approva perfino una legge regionale (con l’amministrazione di Stefano Caldoro), ma poi tutto resta come prima. Che cosa vuole fare De luca di questa paccottiglia istituzionale sul versante del Turismo? Pensa di applicare la legge, liquidare le società e creare un unico soggetto per Turismo e Beni culturali. Sulla carta, siamo ancora alla pura teoria, si dovrebbero risparmiare 3,5 milioni di euro, fermo restando che tutto il personale in organico sarà assorbito dal nuovo organismo. Perfino con i parchi la Campania è stata di manica larga: ne sono stati creati 8 regionali (da Roccamonfina al Partenio) e uno per l’area metropolitana di Napoli. Si aggiungono a quelli nazionali che fanno capo al ministero dell’Ambiente.

LE SOCIETÀ PARTECIPATE

Infine, c’è il capitolo più delicato e complesso: le famose società partecipate. Qui parliamo di vere holding, che hanno funzioni strategiche nei trasporti (Eav), nella spesa sanitaria (So.Re.Sa.), nelle politiche culturali (Scabec). Pozzi neri, inquinati dal clientelismo, da gestioni opache e sprecone, rette dalle alleanze corporative di singoli gruppi di interessi con i soliti padrini politici. De Luca le vuole smontare, una per una, e ridurle da 43 a 6, con un risparmio di almeno 7 milioni di euro. Che dire? Calorosi auguri di buon lavoro.

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