Epatite Delta: la peggiore di tutte

È un virus zoppo: sopravvive solo se in compagnia del virus dell'Epatite B. Ma è più aggressivo e difficile da combattere.

Epatite Delta

Una malattia rara ma molto aggressiva. L’Epatite Delta, o Epatite D, colpisce nel mondo venti milioni di persone, ma è considerata la forma più forte e pericolosa di tutte le epatiti croniche virali. Chi è colpito dall’epatite Delta sviluppa malattie al fegato, dalla cirrosi al tumore. La buona notizia è che ci sono molti progressi nelle cure per l’Epatite Delta.

Epatite delta in Italia

Noto anche come HDV, il virus dell’epatite Delta è classificato come un virus di tipo satellite, ossia necessita di un appoggio secondario per proliferare nell’organismo. La replicazione del virus avviene attraverso l’aiuto dell’epatite B, di cui sfrutta la presenza per infettare le cellule epatiche: il fegato. I soggetti colpiti, quindi, sono affetti anche da epatite B o HBV.

Il virus può colpire in queste due modalità:

  • L’epatite si verifica in simultanea su un portatore cronico di epatite B, creando una sovra infezione virale che innesca una nuova epatite acuta, talvolta fatale.
  • Un’epatite fulminante causata da HDV, con decorso più aggressivo rispetto all’epatite B.

Ma quali sono i numeri nel nostro Paese?

epatite delta

L’epatite Delta è una patologia piuttosto rara. Basti pensare che in tutto il mondo ne sono affetti circa il 5 per cento dei portatori di epatite B, e quindi, approssimativamente, circa 12-15 milioni di pazienti potrebbero aver contratto l’epatite Delta a livello globale. In Italia, invece, si stima che siano 10-15 mila persone, i soggetti colpiti dal virus dell’HDV. Come spiega Pietro Lampertico, direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico di Milano e coautore dell’indagine sull’efficacia del farmaco bulevirtide, ad essere interessati dalla patologia nel Paese sono gli italiani che ricadono in queste 3 categorie:

  • Over-43 che hanno contratto il virus dell’epatite B prima che diventasse obbligatorio il vaccino nel 1991;
  • Immigrati dell’Est Europa o altri Paesi che vivono in Italia da tempo, ma non vaccinati (tra i 30 e i 40 anni);
  • I nuovi migranti che arrivano da Paesi dove l’epatite B e la Delta sono frequenti, che spesso sono ancora più giovani o, perfino, appena maggiorenni.

Come si trasmette

L’epatite Delta si trasmette nella medesima maniera della sua assistente: l’epatite B. Il periodo di incubazione è variabile e può andare da circa 2 settimane fino ad un massimo di 8. L’epatite D, di solito, si trasmette per via parenterale o per contatto con sangue o fluidi corporei infetti. Al momento attuale, sono stati individuati 3 genotipi di Hdv:

  • I – genotipo più diffuso
  • II – presente in Giappone e a Taiwan
  • III- localizzato in Amazzonia

L’infezione da virus D è, ad ogni modo, diffusa in tutto il globo con una stima di circa 10 milioni soggetti affetti dal virus.

Sintomi

L’infezione virale da epatite D acuta può manifestarsi con:

  • Un’infezione acuta dell’epatite B insolitamente grave (coinfezione)
  • L’esacerbazione acuta nei portatori cronici di virus dell’epatite B (sovra infezione)
  • Un decorso aggressivo di un’ infezione cronica da epatite B

I sintomi più comuni dell’epatite delta possono presentare:

Diagnosi

Se si sospetta un’infezione acuta di epatite Delta, si ricorre ai test sierologici. In primis, questa deve essere differenziata da altre malattie che provocano ittero, ossia variazione cromatica della pelle di un color giallastro. Per confermare il caso di epatite, si procede con i seguenti esami volti a identificare se si tratta di epatite A, B o C:

  • Anticorpi IgM contro il virus dell’epatite A (IgM anti-epatite A)
  • Antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg)
  • Anticorpi IgM anti-core dell’epatite B (IgM anti-HBc)
  • Anticorpi contro il virus dell’epatite C (anti-epatite C) e la PCR (Polymerase Chain Reaction) dell’epatite C RNA (HCV RNA)

Nel caso in cui i test sierologici per l’epatite B confermassero l’effettiva infezione nell’organismo e i sintomi fossero gravi, deve essere misurato il titolo degli anticorpi anti-epatite D. L’anti-epatite D confermerebbe un’infezione attiva. Ma attenzione, gli anticorpi potrebbero non essere rintracciabili per alcune settimane dopo la malattia acuta.

Cure

L’unica cura disponibile attualmente è una vera novità ed è disponibile da relativamente poco. Di fatti, ad oggi, è solo grazie alle ricerche condotte sul farmaco bulevirtide che consente, in circa due anni di terapia, di ridurre la proliferazione del virus in maniera efficace e determinante. Il trattamento permette di riportare i valori alla normalità senza dover ricorrere, come in passato, al trapianto, talvolta anche urgente, degli organi compromessi; di solito il fegato. Per iniziare una terapia efficace e sicura contro l’epatite Delta, la prima cosa da fare è recarsi in un Centro epatologico specializzato dove sono in grado di fornire tutte le indicazioni aggiornate sul tipo di cura da seguire.

Farmaco contro epatite delta

Un farmaco per contrastare la progressione del virus fino a poco fa non esisteva. Nella maggior parte dei casi, i pazienti erano costretti a ricorrere al trapianto del fegato, organo maggiormente colpito dall’infezione virale. La buona notizia è giunta con la pubblicazione sul New England Journal of Medicine di una ricerca internazionale che conferma l’efficacia di bulevirtide. Il trattamento, approvato dall’European Medicines Agency e di recente anche dall’Agenzia Italiana del Farmaco è efficace per la cura dell’epatite Delta. I dati ottenuti confermano che a soli 2 anni di tempo dall’inizio del trattamento – che consiste nell’iniettare il farmaco sottocute alla dose di 2 milligrammi una volta al giorno – la carica virale si riduce drasticamente e anche le transaminasi: gli enzimi epatici indicativi del funzionamento del fegato che tornano normali.

Epatite delta ed Epatite B

Come già accennato in precedenza, l’Epatite D, sebbene più aggressiva e invasiva, ha un punto debole: da sola non sopravvive. Per replicarsi, l’epatite Delta  ha bisogno di un altro virus, l’epatite B. È anche per questo motivo che ,in Italia, il virus è stato trattato per molti anni colpendo direttamente l’epatite B. Soluzione, tuttavia, che ha portato risultati positivi solo nel 15-20% dei casi. In ogni caso lo stretto legame tra epatite Delta ed epatite B è confermato dal seguente dato: il 15 per cento delle persone che hanno l’epatite B, risultato colpite anche dalla Delta.

Prevenzione

L’arma a nostro vantaggio è l’immunizzazione dal virus. Le misure preventive sono le stesse valide anche per l’Hbv: ossia il vaccino contro l’epatite B che è in grado di proteggere anche contro l’epatite D.

Chi è affetto da epatite dovrebbe evitare comportamenti rischiosi come:

  • Condivisione di aghi per l’iniezione di medicine
  • Avere più partner sessuali
  • Il contatto con sangue o fluidi corporei come saliva o sperma infetti
  • I liquidi biologici emessi sono da pulire con candeggina diluita

Le infezioni post transfusioni è ridotto drasticamente se le trasfusioni di sangue sono eseguite solo nei casi più gravi e se i donatori sono tutti controllati con uno screening per verificare che non siano affetti da epatite B o C.

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