ESAMI MEDICI INUTILI: LO SPRECO DI DENARO –
Siamo diventati un popolo di malati cronici. Sospesi nel limbo di un’ipocondria collettiva che, finanziata dallo Stato attraverso il generoso Servizio sanitario nazionale, si traduce in uno spreco quotidiano. Di tutto quanto abbia a che vedere con la salute. Ieri il ministro Beatrice Lorenzin ci ha comunicato che lo spreco per gli esami inutili ( a partire dalle ecografie che le donne fanno a raffica durante la gravidanza) ha un costo di 13 miliardi di euro l’anno. Non c’è da meravigliarsi, visto che gli italiani sfornano le tac come le pizze margherite: due cittadini su tre ne fanno una all’anno, e magari chi ne ha veramente bisogno deve aspettare tre mesi prima di avere l’appuntamento. Con l’aggravante che esiste una vera giungla sui costi delle tac: in Campania volano 1.554 euro (con 24 slide), nel Lazio 1.397, in Emilia Romagna invece bastano 1.027 euro. Perché tante differenze? Mistero.
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RICOVERI INUTILI E PRONTO SOCCORSO AFFOLLATI –
La corsa agli esami è solo la punta di un iceberg, di un intero sistema inquinato dallo spreco che oltre all’effetto di gonfiare la spesa contribuisce anche all’inefficienza dell’assistenza. Prendiamo il caso dei ricoveri in Pronto soccorso. La cronaca ci racconta di situazioni apocalittiche in grandi città, come Napoli e Roma, dove i pazienti non trovano posto, passano da un ospedale all’altro (e in qualche caso ci rimettono la pelle), finiscono gettati in un corridoio su una barella. Intanto però, nel 2014, 24 milioni di cittadini hanno bussato alla porta di un Pronto soccorso, uno ogni cinque minuti nei grandi ospedali. Di questi la stragrande maggioranza erano malati immaginari, magari colpiti da un banale mal di pancia per indigestione, come dimostra il fatto che soltanto nel 16 per cento dei casi è stato necessario il ricovero. Per evitare la ressa al Pronto soccorso dovrebbe funzionare la rete dei medici di famiglia, 24 ore su 24, come primo livello di assistenza e come filtro per evitare corse inutili in ospedale. Ma questa rete, salvo eccezioni, non esiste e così abbiamo preso l’abitudine di andare al Pronto soccorso come al bar per prendere un caffè. Un altro deterrente è il ticket, ovvero una tassa di 25 euro per tutti coloro che si presentano in Pronto soccorso con il codice bianco (ovvero, con un caso ritenuto non urgente). Alcune regioni lo hanno introdotto con risultati interessanti: in Piemonte, per esempio, in pochi giorni di ticket le richieste ai Pronto soccorso sono crollate del 20 per cento.
SPRECO DEI FARMACI ANCORA BUONI –
Ancora più difficile è fronteggiare lo spreco dei farmaci. Di quelli che acquistiamo, sempre con la generosa copertura del Servizio sanitario nazionale, circa 1 chilo a testa, per ogni abitante, finisce nella spazzatura. Nelle nostre case, negli armadietti per i medicinali, abbiamo una sorta di infermeria con il 40 per cento delle confezioni che hanno superato il limite massimo di validità. Non servono a nulla. A conti fatti, ogni famiglia italiana spreca qualcosa come 80-100 euro l’anno in farmaci non utilizzati. E la categoria dove lo sperpero è più significativo è anche la più costosa, quella degli antibiotici. Ne ingoiamo quasi il 40 per cento in più rispetto alla media europea, con un doppio effetto: soldi bruciati e scarsa efficacia dei medicinali perché un uso eccessivo degli antibiotici rende i batteri assuefatti ai medicinali e quindi capaci di resistere all’infinito. L’altro lato della medaglia nell’Italia dei malati cronici, pronti a imbottirsi di pillole per guarire dal nulla, è la fetta di popolazione, quasi 400mila cittadini, che non possono permettersi alcuna medicina. Un’Italia della salute dove si spreca, e un’altra dove si crepa.
Per spezzare la catena dell’orrore, a proposito dei farmaci, bisognerebbe lavorare su un’alleanza tra i consumatori, i farmacisti e i medici. Un’alleanza per risparmiare, non per sprecare come avviene oggi. Con i consumatori che, specie con i farmaci gratuiti, non badano a spese; i medici che firmano ricette in bianco, senza un rigoroso controllo delle reali necessità di un paziente; i farmacisti che chiudono gli occhi quando chiediamo una medicina senza la prescrizione. Già, perché con i farmaci l’Italia fai-da-te si esprime al meglio: e un consumatore su quattro li acquista senza neanche consultare il medico e senza la necessaria prescrizione.
SPRECHI SISTEMA SANITARIO NAZIONALE –
Analisi, radiografie, visite in Pronto soccorso, farmaci: l’ombra dello spreco avvolge l’intero sistema sanitario nazionale. È prassi quotidiana. Estesa a qualsiasi tipo di forniture all’interno degli ospedali e delle case di cura convenzionate. Perfino il cibo, i pasti serviti ai degenti. Il 40 per cento di pranzi e cene portati dagli infermieri nelle corsie degli ospedali durante i vari turni, spesso a orari assurdi (come si fa a cenare alle cinque del pomeriggio?), finiscono nel cestino dell’immondizia. Eppure qualcuno ha pagato. E il conto è finito nel calderone di quel ministero della Salute che invece di ennesime riforme dovrebbe occuparsi di una buona manutenzione del sistema, con un solo, preciso obiettivo: migliorare le prestazioni e renderle omogenee su tutto il territorio nazionale, e ridurre gli sprechi. Spiegando agli italiani, con ogni mezzo, che sentirsi un popolo di malati cronici è un lusso che oggi non possiamo più permetterci.
PER SAPERNE DI PIU’: Sanità e sprechi, due anni per un’ernia del disco, 14 mesi per una mammografia. Ma esiste ancora un’assistenza pubblica per tutti?
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