Cinque milioni di aderenti, piu’ di tutti gli iscritti ai partiti democratico e repubblicano: se diventasse un movimento politico, cambierebbe la faccia dell’America. Se unissero i loro fatturati, sarebbero una mega-azienda. Sono i membri di Etsy, il nuovo mercato online che offre “the very best”, tutta la produzione di un esercito di inventori indipendenti, artigiani del tempo libero. Con 724 milioni di visitatori al mese, e’ un pezzo dell’economia americana che non passa piu’ inosservato. Non coincide con il mondo del non-profit: in realta’ Etsy sta per quotarsi in Borsa, chi vende i suoi prodotti su questa “piazza virtuale” non disdegna il profitto, se e’ un riconoscimento alla qualita’.
A raccontare questo fenomeno ora c’e’ anche un film: “Handmade Nation”, nazione fatta a mano, il documentario di Faythe Levine che descrive nei loro atelier “una generazione di nuovi creatori”. Hanno la loro manifestazione-simbolo, la Renegade Craft Fair di Chicago, la fiera degli “artigiani ribelli”. La’ vendono abiti, gioielli, scarpe, oggetti originali che sembrano nascere nelle botteghe di maestri rinascimentali. Nella patria di Apple e Nike, quella che racconta la Levine e’ “una rivolta dal basso per riprendersi il diritto adessere inventori, creativi, geni del design e del marketing, senza obbedire agli ordini di una Big Corporation”.
Dal neo-artigianato il fenomeno si allarga e investe la produzione culturale, la tecnologia, la politica. E’ la rivoluzione “Pro-Am”, abbreviazione di “professional amateur”. Dilettanti eccellenti, o professionisti-amatori? La teorizza la societa’ di ricerche Demos, secondo la quale il XXI secolo appartiene a questo modo di lavorare. Tre modelli pionieristici indicano l’immenso potenziale della “Pro-Am Revolution”, secondo gli autori Charles Leadbeater e Paul Miller. Sono la musica rap, il software Linux, e la campagna Jubilee Debt. “Il rap – scrivono Leadbeater e Miller nel loro saggio – ha segnato la cultura giovanile. La campagna del giubileo ha imposto la cancellazione di miliardi di debiti dei paesi poveri. Linux e’ il piu’ grande rivale di Microsoft nei programmi operativi. Tutti e tre sono nati da gruppi Pro-Am, dei dilettanti innovativi, capaci di associarsi in rete, impegnati a raggiungere altissimi standard professionali”.
I Pro-Am possono scardinare i poteri costituiti. Nell’economia, sfidano il monopolio delle grandi imprese come laboratorio di innovazioni. Nel mondo politico, Move.On creato dieci anni fa da due giovani di Berkeley, e cresciuto su Internet, condiziona Barack Obama e i vertici del partito democratico. Etsy e’ lo specchio di questo fenomeno sul versante commerciale. I suoi avversari sono Ebay e Amazon: mercati online dominati dai logo delle grandi marche, i colossi editoriali o i big dell’elettronica di consumo. Etsy vende solo oggetti originali, prodotti da una miriade di indipendenti, spesso dei fuoriclasse. L’ha fondato Rob Kalin, 29 anni. Etsy viene dal latino “et si” (“e se…”) che Kalin ha preso da “Otto e mezzo” di Fellini. Su Etsy potete comprare un bottone fatto a mano da un dollaro, o un’opera d’arte che ne vale decine di migliaia, ma il cui autore rifiuta di passare attraverso i galleristi di Soho e Tribeca. “Finora – spiega il fondatore – erano i poteri economici a dettare le scelte dei consumatori, noi restituiamo a una comunita’ di liberi individui la forza di orientare il mercato”. Kalin e’ bombardato di richieste per tenere conferenze nelle universita’. “Tra gli studenti – dice – c’e’ un immenso spirito imprenditoriale, una voglia d’indipedenza che ha bisogno di essere sprigionata”.
Il film “Handmade Nation” descrive questa esplosione di creativita’ come “un progetto politico, una contro rivoluzione industriale”. Riscopre antichi filoni della contro-cultura, evitando gli errori del passato. “Negli anni Settanta per protesta contro la produzione massificata nacque un artigianato hippy, purtroppo la qualita’ era scadente. Negli anni Ottanta i creativi di avanguardia furono catturati dai mercanti d’arte e dalla speculazione. Le nuove ecnologie ci consentono di bypassare il potere degli intermediari”. Nel frattempo artigiani, artisti e inventori si sono agguerriti, e organizzati. Anche quando l’attivita’ creativa e’ un secondo lavoro o un’occupazione del tempo libero, non si puo’ catalogare come hobby.
“Chiamarli dilettanti non e’ solo un insulto, e’ un errore”, spiega il manifesto della Pro-Am Revolution. Nella botanica e nello sport, nel design di moda o nella gioielleria, nella fotografia e nel software, i “professional amateur” fanno sul serio. Secondo Demos, hanno cinque caratteristiche che consentono di sfidare gli specialisti tradizionali e di ribellarsi alla gerarchia soffocante delle grandi imprese: “Hanno un forte senso della vocazione. Adottano standard trasparenti per verificare la qualita’ e misurare il talento. Formano delle comunita’ per trasmettere il sapere. Producono beni e servizi che hanno un mercato. Infine le loro conoscenze avanzate danno vita a un’identita’, a una tradizione”.
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