Dopo le Olimpiadi a Roma anche l’Expo a Milano? Con le dimissioni di Giuliano Pisapia da commissario straordinario, il più importante evento per l’Italia nei prossimi anni è entrato ufficialmente nella zona a rischio. E potrebbe finire proprio come le Olimpiadi a Roma, tanto sognate e poi cestinate, con la differenza che per i Giochi olimpici si trattava di una candidatura, per l’Expo abbiamo già vinto la corsa con i concorrenti alcuni anni fa e rischiamo soltanto di fare l’ennesima brutta figura internazionale e di sprecare un’importante occasione per il sistema Paese, non solo per Milano e per la Lombardia. I fondi sono incerti, la governance è ridotta a una guerra di potere Comune-Regione, a tre anni dall’appuntamento non c’è un cantiere aperto. Sicuramente il governo dovrà fare la sua parte, dimostrando autorevolezza, trasparenza e capacità di comando nella palude in cui è incagliata l’Expo. Ma il conto non lo si può presentare soltanto a Palazzo Chigi, visto che dietro al flop annunciato della manifestazione si nascondono tanti buchi neri, e non solo di timbro politico. Imprenditori attenti esclusivamente alla corsa degli appalti ed ai valori dei suoli, amministratori pubblici e burocrati senza testa e senza cuore, cittadini scettici e indifferenti. E la solita coda in tribunale: l’unico appalto vinto, finora, con un ribasso rispetto al prezzo della gara del 42,83 per cento, è oggetto di un’inchiesta per turbativa d’asta da parte della Procura della Repubblica di Milano. Ecco, la Procura, il capolinea dove finiscono tutte le occasioni sprecate dall’Italia che non sa più sognare ma soltanto galleggiare nella sua incompiutezza.
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