FALSI POVERI IN ITALIA –
La battaglia contro i finti poveri deve avere un obiettivo preciso: aiutare quelli veri. E non sprecare risorse pubbliche, molto preziose in questa fase di restrizione dei finanziamenti, nell’aiuto a famiglie che non ne hanno un reale bisogno. È bastato introdurre un minimo di trasparenza e di efficienza e le domande per accedere ai sussidi nel 2015 si sono ridotte di un quarto, quasi dimezzate nelle regioni meridionali.
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CHI SONO I FINTI POVERI –
Ricordiamo che l’Isee (l’indicatore sulla situazione economica del nucleo familiare), grazie al quale si ottengono sconti sulle prestazioni sociali, sanitarie e scolastiche, finora funzionava in modo automatico: si faceva un’autocertificazione, in pratica ci si dichiarava povero, e si accedeva al contributo. Dal 2015, invece, la pubblica amministrazione si riserva di controllare gli immobili di proprietà, i conti correnti, i conti postali, i titoli, delle famiglie che chiedono i sussidi. Risultato: le domande in Italia sono diminuite del 25 per cento, un quarto. Ma in Campania sono crollate del 45 per cento, in Calabria del 42,1 per cento, in Puglia del 38,4 per cento e in Sicilia del 37,7 per cento.
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LO SPRECO DEI FALSI POVERI –
Che cosa significa tutto ciò? Semplice: abbiamo troppi finti poveri che levano soldi ai veri poveri. E per individuarli non bisogna perdere troppo tempo, basta utilizzare al meglio gli strumenti già nelle mani della pubblica amministrazione. Ci vuole, insomma, la volontà politica e amministrativa di non coprire gli imbroglioni. Quelli che danneggiano i più deboli.
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