FARE INTEGRAZIONE A TAVOLA –
In un’unica vita si può comandare un plotone in Afghanistan e dopo qualche anno diventare un cuoco in Sicilia. Sembra la sceneggiatura di un film di successo e invece è la storia della vita di Mohamed Shapoor. Nato a Kabul, la capitale dell’Afghanistan 45 anni fa, Shapoor nel 2000 ha deciso di fuggire dalla guerra che da decenni dilania il suo Paese e si è diretto verso Occidente per provare a costruirsi un futuro migliore, lontano dalla devastazione e dal dolore. Dopo tanto peregrinare, tra Pakistan, Iran, Turchia, nel 2002 è arrivato in Italia. All’inizio la vita non è stata semplice ed è stato costretto a cambiare città molto spesso, fino a quando, finalmente, ha trovato il lavoro dei suoi sogni: il cuoco. Oggi vive stabilmente a Palermo e ha avuto la possibilità di raccontare la sua storia grazie al progetto di cucina etnica e integrazione culturale “Cucina sapurita” promosso dall’Associazione Comunità e Famiglia Sicilia (Acf).
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CUCINA SAPURITA ACF SICILIA –
Shapoor ha deciso di collaborare con questo progetto anche perché sa quanto sia importante aiutare i migranti che arrivano in un paese straniero. Prima di cominciare a fare il cuoco, infatti, ha fatto anche il volontario al Centro Astalli di Roma, per offrire il proprio supporto a chi, come lui, aveva lasciato il proprio Paese a causa di guerre e povertà. Durante l’iniziativa, che prevede ogni volta la presentazione di un nuovo piatto tipico, l’ex comandate ha presentato il Mantù, una pietanza tipica afgana che consiste in dei ravioloni con ripieno di carne di vitello, accompagnati da sugo. Il Mantù è considerato dagli afgani il piatto della festa.
SHAPOOR RACCONTA LA SUA STORIA
Fonte video: Semi di Comunità /Cucina Sapurita
PROGETTI DI INTEGRAZIONE PER MIGRATI –
“Cucina sapurita” è finanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e fa parte del programma nazionale “Semi di comunità”. Ha come obiettivo l’inserimento socio-lavorativo dei migranti attraverso la valorizzazione e lo scambio delle proprie radici culturali, a partire dalla tavola. In questo modo i palermitani, attraverso un corso di cucina etnica, hanno potuto imparare a preparare specialità provenienti da Tunisia, Bangladesh, Gambia e Afghanistan direttamente da un gruppo di migrati. Seduti a tavola l’uno accanto all’altro i partecipanti hanno messo in comune non solo il patrimonio culinario ma anche quello culturale in un vero e proprio laboratorio di inclusione. “Dal cibo e da momenti di convivialità si sono create delle occasioni di scambio e dialogo fra persone provenienti da Paesi differenti, che altrimenti non si sarebbero mai conosciute – spiega Nino Spitalieri, presidente di Acf Sicilia al Redattore Sociale – Questa è la prova che l’integrazione talvolta si può costruire dal basso, semplicemente attraverso l’incontro”.
La foto di copertina è tratta da: Acf Sicilia
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