Gli italiani vivono in compagnia di cani e gatti: 8,8 milioni nel primo caso, oltre 10 milioni nel secondo. Ma se il vostro cane o gatto si ammala preparatevi a dover subire una vera e propria ingiustizia che specula sull’affetto che provate per i vostri amici a quattro zampe. Si tratta dei prezzi esorbitanti dei farmaci che sono necessari per curare i vostri animali domestici. Già le prestazioni mediche sono gravate dal costo dell’Iva del 22 per cento, come se si trattasse dell’acquisto dell’elettrodomestico. Ma la cosa davvero scandalosa è che i principi attivi utilizzati per cani e gatti, come Il Meloxicam (antinfiammatorio e analgesico) o il Ketoprofene (alto antinfiammatorio e analgesico), costano fino a cinque- dieci volte in più rispetto alle confezioni per gli uomini.
Più di una volta centinaia di veterinari, dal lontano 2015, hanno sottoscritto appelli al ministro della Salute, di diversi governi, denunciando la speculazione e <l’incredibile lievitazione dei prezzi> e chiedendo di intervenire per porre fine alle immotivate disparità. Tutto inutile. Il risultato è che il padrone di un cane spende, in media 1.562 euro all’anno, mentre per accudire un gatto a 360 gradi servo 1.208 euro. Di questi soldi la parte più consistente viene assorbita dal cibo (870 euro per il cane e 779 euro per il gatto) e i medicinali, con il veterinario, rappresentano la seconda voce (341 euro per i cani, 194 euro per i gatti).
L’assurdità di questo spreco si riscontra in un qualsiasi medicinale veterinario, come dimostrano alcuni esempi. Il Diuren per gli animali, per problemi cardiaci, è identico al Lasix per gli uomini, solo che il primo costa 12,70 euro e il secondo appena 1,72 euro. Dieci volte di più. L’ipertensivo Fortekor per cani e gatti contiene lo stesso principio attivo, il benezepil cloridato, del Benazepil per umani: 25,50 euro il primo; 3,88 euro il secondo.
Ma come si spiegano queste differenze così macroscopiche? I produttori si giustificano dicendo che i medicinali veterinari hanno un mercato molto più ristretto di quelli per umani, e questo alza i costi della ricerca e della produzione che poi si scaricano sui consumatori. Si tratta di una verità molto parziale e incompleta. In realtà, i farmaci veterinari, a differenza di quelli per umani che sono soggetti a un negoziato il cui boccino è nelle mani dell’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa), hanno prezzi decisi in totale autonomia dalle aziende, senza limiti e senza controlli. Questa è la premessa dello strapotere dei produttori che hanno le mani in un mercato in grado di fatturare 440 milioni di euro all’anno (erano quasi la metà nel 2015): uno sfacciato dominio che vale a Roma come a Bruxelles. Se nella capitale italiana non si è ancora visto un ministro capace di fare qualcosa per proteggere i proprietari di cani e gatti dalla speculazione sui farmaci veterinari, a Bruxelles la lobby dei produttori è riuscita a fare anche di più. Fino al 2001, infatti, un veterinario poteva somministrare sia il farmaco per umani sia quello veterinario per la medesima patologia. Da allora, con una direttiva dell’Unione, si è stabilito che cani e gatti possono assumere solo farmaci veterinari. Quelli che costano anche dieci volte di più.
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