FISCO ITALIANO COMPLICATO
A chi piace pagare le tasse? A nessuno. A chi serve pagare le tasse? A tutti. Un paese, una comunità, un popolo, sono sostenibili se la pressione fiscale, innanzitutto equa (che significa progressiva, sulla base di quanto si guadagna e di quali rendite si dispone) ed efficace (che significa senza evasori e non troppo complicata), riesce a saldare il «patto civico» tra i cittadini e lo Stato (e le amministrazioni locali, visto che anche loro riscuotono tributi). Dalle tasse, se il gettito non viene sprecato, arrivano i soldi per scuole, ospedali, asili, pensioni. Welfare. Ma anche per alberi, marciapiedi, strade, ordinaria manutenzione dei luoghi dove viviamo.
In Italia abbiamo un doppio record e un doppio spreco. Da un lato una pressione fiscale altissima, la più alta d’Europa; dall’altro versante un’evasione record, attorno ai 100 miliardi di euro. In mezzo c’è lo strazio, altro spreco, per chi prova a stare al passo con le richieste del fisco. I documenti di interpretazione firmati dalle Agenzie delle entrate sono stati 191 nel 2018, e sono diventati 429 nel 2019. Una valanga di complicazioni. Ogni contribuente, in media, ha due scadenze alla settimana da regolare: un incubo. Per non parlare dei milioni di italiani che hanno una piccola attività economica, oppure dei tantissimi giovani che ci stanno provando con una loro mini-impresa. Il tempo medio necessario per i versamenti di imposte e contributi in Italia è pari a 238 ore all’anno. In Francia sono 139, nel Regno Unito appena 105, e in Giappone 129. Capite la distanza dell’assurdo, dello spreco quotidiano, che ci separa dal resto del mondo?
Mettetevi un attimo soltanto nei panni di una famiglia che ha una semplice attività commerciale, gestita con il lavoro a rotazione di genitori e figli, per esempio un piccolo bar, come ne conosciamo e ne frequentiamo tanti. Questi signori, se vogliono essere onesti con il fisco, pagare il dovuto in termini di tasse, fare cioè i bravi cittadini, si ritrovano ogni mese, ogni settimana, e quindi ogni giorno, con le mani nei capelli. Avviliti non solo dall’alta pressione fiscale, talvolta insostenibile, ma innanzitutto da una valanga di scadenze da rispettare e di documenti da predisporre. Uno spreco assurdo di tempo, di soldi e anche di voglia di essere a posto con la coscienza e con i doveri del contribuente. Un discorso che vale per una buona fetta del “popolo della partita Iva”, dove ci sono tanti, tantissimi italiani che tutti i giorni tirano la carretta. E poi devono fare la doppia fatica di riuscire a rispettare tutti gli obblighi fiscali previsti da vagonate di norme, sempre in movimento, cioè sempre pronte a cambiare.
FISCO ITALIANO
Se andate sul sito dello Studio Benatti, un’attrezzata associazione di professionisti esperti in adempimenti fiscali, trovate tutte le scadenze fiscali che aspettano gli italiani, mese per mese, giorno per giorno. Roba da mal di testa. Talmente forte da indurre a non pagare neanche un euro, e chiudere la faccenda con un classico “arrivederci e grazie”, perfino in attesa di qualche inevitabile accertamento.
Già, adesso gli accertamenti sono quasi automatici: sfuggire alla rete del fisco è più complicato, evadere l’Iva o diventare ricchi con il carosello delle fatture false sono cose al confine dell’impossibile, visto che abbiamo introdotto la fatturazione elettronica. Una scelta che la comunità di Non sprecare ha accolto con favore dal primo momento. Con favore ma anche con un paio di domande puntualmente senza risposte: non ci poteva attrezzare meglio e prima per ridurre l’effetto caos che avvilisce, scoraggia e costa? E perché a ogni giro di governo si continua a promettere un fisco semplificato, mentre poi tutto si complica, in termini di documenti e di appuntamenti da rispettare, salvo pagare pegno?
Ci sono 40,9 milioni di italiani che pagano qualcosa al fisco, attraverso la riscossione dell’Agenzia delle Entrate e davvero non si capisce per quale motivo la tecnologia avanza, e questo è un bene, ma la vita dei contribuenti diventa sempre più dura, e questo è davvero uno spreco.
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FISCO IN ITALIA
Più le tasse sono complicate e meno si pagano.È una legge dell’Economia, oltre che delle Scienze sociali, e l’Italia non a caso abbina il doppio primato (entrambi negativi) in Europa: il paese con la più alta pressione fiscale (43 per cento del pil) e quello con il sistema fiscale più complesso.
Sono trascorsi molti anni (era il 2006) da quando furono introdotte le prime comunicazioni online all’erario e finalmente dopo più di un decennio siamo arrivati alla fattura elettronica. Un periodo durante il quale abbiamo fatto qualche passo avanti, sempre costoso per i contribuenti onesti, e tanti passi indietro. Iniziamo da questi. Nel 2016, per fare un esempio, sono stati inviati alle Entrate 177 milioni di documenti, adesso siamo attorno ai 200 milioni. Alla faccia della semplificazione. E anche i codici tributari, giusto per non farci mancare nulla in tema di fisco velenoso, sono passati da 300 a 350. Allo stesso tempo non si placa, ma anzi aumenta la raffica di scadenze fiscali con nuovi obblighi per commercialisti e ragionieri che poi presentano il conto ai contribuenti.
FISCO COMPLICATO IN ITALIA
E il passo avanti? Ci sono milioni di contribuenti che hanno finalmente potuto inviare il 730 precompilato, con un risparmio importante (si parla di circa 2 miliardi di euro l’anno) per lo Stato. Un risparmio per lo Stato, ma un aumento per i cittadini: qui sta il paradosso di questa catena infinita di sprechi. A fronte di quei bravi e fortunati che se la cavano con un clic, siamo a 2,9 milioni di dichiarazioni fai-da-te, ci sono milioni di altri contribuenti per i quali invece le montagne da scalare sono aumentate.
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TASSE INUTILI
E nella giungla di elettronica digitale, e-fatture, ancora carte, scadenze, adempimenti e costi che aumentano, e continuano ad aumentare, non poteva mancare l’ultima chicca, tutta da creatività italiana: le tasse inutili. Almeno cento. Tasse che non valgono quasi nulla in termini di gettito, rappresentano balzelli anacronistici oppure assurdi e non fanno altro che complicare il fisco, aiutando così a gonfiarsi la bolla dell’evasione fiscale, il vero virus che azzoppa l’Italia.
Esiste una tassa per esporre la bandiera, una per mettere una tenda parasole, o anche per scrivere sullo zerbino del negozio il nome dell’esercizio commerciale. Sui decessi paghiamo tre imposte: per il certificato di constatazione di morte, per il trasporto e la manutenzione dei cimiteri, per la cremazione. Ci sono anche le tasse sugli sposi, sulle suppliche, sulla raccolta dei funghie sulle paludi. Già, le paludi: il balzello risale al 1904, quando iniziarono le bonifiche. E da allora nessuno ha pensato di eliminarlo, mentre tutti hanno però promesso di semplificare. E gli italiani sono rimasti intrappolati nella palude del fisco complicato e ingiusto.
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