Un polpo che ha per casa una scarpa da ginnastica di colore nero, numero 43. Una delle immagini, terrificanti e tristi, che diventano simbolo dello stato dell’ecosistema marino laziale. Ma di scene del genere, ahimé, il litorale di Fiumicino ne vede tante, ogni giorno, basta semplicemente arrivare a guardare l’arrivo dei pescherecci, che tra paranza, rombi, seppie ed altro pescato, trovano nelle reti tonnellate di rifiuti, dei più disparati.
Al punto che, quasi, il lavoro più stressante è proprio separare il pesce dalle lattine, le bottiglie, i sacchetti delle merendine. Le mazzancolle dai pezzi di aerei da combattimento, persino.
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FISHING FOR LITTER
I pescatori di Fiumicino sono i primi testimoni di tale scempio, un inquinamento così pervasivo da riempire le reti di dodici pescherecci di ben una tonnellata di plastica in un solo mese. Al punto da far diventare i pescatori dei veri e propri spazzini del mare. Fino a poco fa, le leggi e le loro lungaggini non agevolavano l’opera di smaltimento dei rifiuti pescati in acqua dalle navi, ma qualcosa si muove: almeno la plastica, infatti, con la messa in vigore del progetto Fishing for Litter, un protocollo d’intesa siglato tra Regione Lazio, cooperative di pesca, Capitaneria di Porto, Arpa, Legambiente e Corepla, i pescatori riescono a smaltire correttamente i rifiuti alzati accidentalmente dalle reti durante le attività di pesca.
Con il risultato che anche la coscienza ambientale ed ecologica dei soggetti coinvolti si modifica radicalmente. Uno dei dodici capitani coinvolti nel progetto è Pasquale, a capo di una barca di nome Marianna, fiero di questo cambiamento che permette di lasciare a figli e nipoti un mondo più pulito. Consapevole fino in fondo di essere parte attiva di un sentiero ben tracciato ma che è ancora lungo e pieno di difficoltà.
Pasquale è uno dei primi che ha iniziato a chiedere a gran voce la possibilità per i pescatori di conferire, e di conseguenza smaltire correttamente, plastica, metallo, legno e vetro pescati nelle ore di lavoro, per evitare la pratica, illegale, di rigettarli in mare. La richiesta è semplice: qualcuno che si occupi, ogni giorno, di trasferire nel giusto posto i rifiuti recuperati dai pescherecci, perché più che di pesce, le navi quasi si riempiono di plastica. Confezioni, imballaggi, gommapiuma, bottigliette in PET, cassette da ortofrutta, e chi più ne ha più ne metta.
A stare vicino gli spazzini del mare sono anche numerosi ristoratori del litorale tirreno, che si rifiutano di scegliere pesce da allevamento nonostante l’inquinamento, proprio per supportare la pesca di chi si incarica di portare a riva, e smaltire, i rifiuti. Preferendo, per esempio, pesce meno conosciuto a quello allevato, altrettanto buono anche se meno pregiato.
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LEGGE SALVAMARE
Dopo lo stop alla discussione per l’emergenza Coronavirus, è tornato in discussione al Senato il testo della legge cosiddetta “salvamare”, già approvata alla Camera nell’ottobre del 2019, che è stata presentata sulla scia dell’iniziativa del Fishing for Litter. In breve, il disegno di legge, composto da cinque articoli, punta a incentivare il recupero dei rifiuti grazie all’aiuto dei pescatori, rendendoli spazzini del mare e permettendo di unire lo smaltimento dei rifiuti plastici alle loro normali attività di pesca.
Secondo la normativa vigente, infatti, allo stato attuale dei fatti se i pescatori raccolgono i rifiuti vengono considerati produttori di rifiuti speciali e pertanto sono gravati dai relativi oneri di smaltimento: il provvedimento permetterebbe loro di recuperare rifiuti solidi dispersi in mare per poi conferirli negli appositi contenitori e nelle isole ecologiche apposite a terra, senza alcun onere economico a loro carico una volta tornati in porto.
RECUPERO E RICICLO DEL MARINE LITTER
Proprio in questo periodo l’impegno ambientale dei pescherecci si sta rinforzando, grazie all’iniziativa “Recupero e riciclo del marine litter per un’economia circolare”. Protagonisti, prima ad Anzio, poi a Fiumicino e a Terracina, capitani e marinai che si stanno impegnando per pulire i fondali e riportare a terra il materiale ripescato.
E non solo. Dati recenti sulla presenza della plastica nei fondali gettano ancora più ombra sulla situazione dell’inquinamento marino: circa il 70 per cento dei rifiuti del mare è depositato nei fondali. La maggior parte dei quali sono rifiuti in materiale plastico. Di conseguenza, i pescatori stanno anche cercando di mappare i rifiuti presenti sui fondali con una speciale APP chiamata“Plastica in Rete”, in un’attività che permette di pianificare azioni di pulizia successive.
L’iniziativa, figlia della precedente Fishing for Litter, vede coinvolte le istituzioni del Lazio, le cooperative di pescherecci e il WWF.
«Continua a gonfie vele il progetto di fishing for litter della Regione, visto il contesto attuale, è grande la soddisfazione nel contribuire alla continuità del progetto – dichiara sul portale di Legambiente, Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio – con ciascun attore che svolge determinatamente il proprio ruolo, nonostante tutto e nella massima garanzia di sicurezza sanitaria per le persone. Dopo oltre un anno di progetto, prima a Fiumicino e poi a Civitavecchia, e con la prima esperienza costruita a Terracina dal nostro circolo e ancora in corso, la raccolta delle plastiche in mare dei pescatori continua ad essere un progetto attivo che permette a pescatori, aziende di recupero dei rifiuti, amministrazioni, capitanerie e volontari di assumere insieme un ruolo fondamentale per la riqualificazione degli ambienti marini. In queste settimane e nei prossimi mesi si deve lavorare per estendere questa bella possibilità a tutti i pescherecci del Lazio».
(Immagine in evidenza, e a corredo del testo tratta da WWF.IT/ Photo Credits: Massimo Bernardi)
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