FRUTTA E VERDURA ITALIANA
Abbiamo fatto un esperimento, a proposito di sprechi e di acquisti inspiegabili. Un giro molto meticoloso nei reparti di ortofrutta di alcuni importanti supermercati italiani, e siamo andati a guardare da vicino i singoli prodotti. Conclusione: siamo invasi dalla frutta (e anche dalla verdura) straniera. Le mele sono polacche. I kiwi arrivano dal Sud Africa. Le nocciole dalla Turchia. L’uva dal Cile e dall’Argentina. Ho citato questi prodotti non a caso, in quanto sono gli stessi per i quali, mentre noi facevamo la nostra indagine sul campo con lo sguardo del consumatore, l’Italia conquistava nuovi record in termini di esportazioni, e qui l’orizzonte è quello del produttore.
Mele, uva, kiwi e nocciole: stando ai numeri dell’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) sono quattro produzioni agricole, e non sono le uniche, delle quali l’Italia è il primo esportatore in Europa. Lo stesso discorso può valere per le arance e per i limoni, con circa un terzo degli agrumeti nella piana di Catania che sono stati abbandonati, e con le tavole delle famiglie italiane dove al momento della frutta arrivano arance spagnole o tunisine. O per le fragole, altra eccellenza del made in Italy, salvo il fatto che noi mangiamo quelle delle campagne del Marocco. O per l’insalata: in Sicilia, dove tutti gli ortaggi sono imbattibili, trovate spesso nei supermercati insalata ben impacchettata nella plastica che arriva dalla Germania.
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PERCHÉ PREFERIRE FRUTTA E VERDURA ITALIANA
Come si tengono due fatti così, in apparenza, contraddittori? Per quale motivo abbiamo la migliore frutta del mondo, in alcuni casi riusciamo a esportarla bene, con risultati record, ma mangiamo con tanta frequenza prodotti stranieri? I danni di questo meccanismo così perverso sono evidenti. Colpiscono la nostra salute e il nostro palato (una peggiore qualità della frutta che consumiamo) e l’intera filiera dell’agroalimentare made in Italy, dove non a caso le importazioni negli ultimi dieci anni sono aumentate del 28 per cento. E danneggiano gli agricoltori onesti e appassionati, i cui margini di guadagno sono molto risicati. Per ogni 100 euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti freschi italiani, infatti, il guadagno del produttore non supera il 6 per cento. Il resto sono tasse, macchinari da ammortizzare, spese di trasporto e di distribuzione, costi di produzione, a partire dalla manodopera.
La scelta che penalizza la frutta made in Italy, ricordatelo bene, non è una questione di prezzo, nel senso che non paghiamo meno la frutta importata e di qualità più scadente. Voi comprate delle mele, o delle fragole, e le pagate la stessa cifra al chilo sia nel caso di produzioni italiane sia se hanno una provenienza polacca e tunisina. Semmai è il venditore, innanzitutto le catene dei supermercati, che può avere vantaggi dal vendere la frutta straniera, in quanto riescono a ottenerla, in grandi quantitativi, a prezzi migliori di quella italiana. Ma questa differenza noi consumatori la paghiamo con la qualità del prodotto: un’arancia spagnola non avrà mai il sapore, e le proprietà, di un tarocco siciliano. E la differenza nasce anche dai minori costi di produzione, laddove la manodopera in molti paesi concorrenti è sottopagata e le garanzie, per esempio sul divieto di alcuni fertilizzanti chimici, non sono assicurate.
BENEFICI FRUTTA E VERDURA ITALIANA
Per coltivare un ettaro di fragole, per esempio, servono non meno di 4mila ore di lavoro l’anno, e quindi il costo della manodopera fa la differenza del prezzo sul mercato all’ingrosso. Così come alla rete della grande distribuzione, ma anche ai negozi al dettaglio per la vendita di frutta, può fare comodo rifornirsi di frutta e ortaggi stranieri, sia per il prezzo sia per la tempistica, rispetto ai prodotti made in Italy. Un grande fruttivendolo milanese, la cui famiglia è in questo settore da tre generazioni, mi ha raccontato il seguente paradosso: a lui arrivano più facilmente e più velocemente le cipolle dalla Tunisia che non quella dalla Calabria, ovvero le famose e preziose cipolle di Tropea. D’altra parte, chi conosce la rete dei trasporti della Calabria capisce immediatamente di che cosa stiamo parlando.
Infine, la frutta italiana, diciamolo, è penalizzata dalla nostra ignoranza. Facciamo male la spesa, con troppi automatismi e poca ricerca, con l’ansia di portare a casa le quantità necessarie, ma spesso distratti sulla qualità, e siamo poco attenti e rispettosi della frutta, delle verdure e degli ortaggi italiani. Ovvero di un patrimonio di ricchezza che dovremmo difendere con i denti, a partire proprio dalla spesa, e invece tutti contribuiamo a sprecare.
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