Mentre le proteste
degli indignati che
occupano Wall
street si estendono
da Manhattan a
Washington e ad
altre città americane, quelli che chiacchierano
per mestiere si lamentano del fatto
che i manifestanti non trasmettono un
messaggio chiaro e non danno indicazioni
politiche speciiche. Il messaggio, e le soluzioni,
dovrebbero apparire evidenti, almeno
per chi non è stato troppo distratto da
quando l’economia è entrata in una recessione
che continua a colpire la classe media.
Il problema è che a Washington nessuno
ha prestato attenzione a quello che stava
succedendo.
Oggi il messaggio è la protesta: la disparità
di reddito soffoca la classe media, fa
aumentare il numero dei poveri e minaccia
di creare una sottoclasse di persone capaci
e volenterose ma senza lavoro. In un certo
senso i manifestanti, che sono quasi tutti
giovani, stanno dando voce alla generazione
delle occasioni perdute.
Nell’ultimo anno il tasso medio di disoccupazione
tra i laureati statunitensi sotto
i 25 anni è stato del 9,6 per cento, mentre
quello dei giovani diplomati è stato del 21,6
per cento. Queste percentuali non tengono
conto dei laureati che hanno un posto ma
sono sottopagati e fanno un lavoro che non
richiede particolari qualifiche. Cominciare
così una carriera lavorativa significa essere
destinati per tutta la vita a non avere prospettive
e a guadagnare poco: è quello che
di solito si chiama mobilità verso il basso.
Questa, tuttavia, non è semplicemente
una rivolta di giovani. I problemi sollevati
dai manifestanti sono solo un esempio del
fatto che l’economia non funziona per la
maggior parte degli americani. I ragazzi di
Occupy Wall street hanno perfettamente
ragione quando dicono che il settore finanziario,
grazie alla connivenza tra chi doveva
stabilire le regole e i politici, si è gonfiato
e arricchito con una bolla del credito che è
costata a milioni di statunitensi il posto di
lavoro, lo stipendio, la casa e i risparmi. E
con la crisi che continua, i cittadini hanno
perso anche la fiducia in una possibile ripresa.
La rabbia iniziale è stata alimentata dai
salvataggi delle banche e dalla fame di denaro
dei politici, che si sono rivolti a Wall
street per finanziare le loro campagne elettorali.
Una combinazione micidiale che ha
riaffermato il potere economico e politico
della banche e dei banchieri.
Una strategia a lungo termine
L’estrema disparità di reddito è tipica di
un’economia che non funziona, dominata
da un settore finanziario che non vive di
investimenti produttivi ma di speculazioni,
truffe e aiuti di governo.
Quando i manifestanti dicono di rappresentare
il 99 per cento degli statunitensi,
alludono alla concentrazione della ricchezza
nelle mani di pochi. Prima della
recessione la fetta di reddito nelle mani
dell’1 per cento dei più ricchi era del 23,5
per cento, la quota più alta dal 1928. Una
percentuale che è raddoppiata dagli anni
settanta a oggi. Questa fetta si è leggermente
ridotta nel 2008, quando i mercati
finanziari sono crollati. Oggi i dati aggiornati
non sono ancora disponibili, ma il divario
è quasi sicuramente aumentato di
nuovo. Negli ultimi anni, per esempio, gli
utili delle aziende hanno raggiunto il livello
più alto come percentuale del pil dal
1950, mentre i salari dei lavoratori sono al
livello più basso dalla metà degli anni cinquanta.
L’aumento del reddito dei più ricchi
non sarebbe così preoccupante se fosse
cresciuto anche quello delle classi medie e
di quelle più povere. Ma nei primi dieci anni
di questo secolo il reddito reale delle famiglie
dei lavoratori è diminuito. La recessione
e le sue conseguenze hanno solo accelerato
il declino.
Diverse ricerche hanno dimostrato che
questa estrema disparità è correlata a una
serie di altri fattori negativi, come un livello
più basso di istruzione, maggiori problemi
di salute e investimenti pubblici in calo.
Anche la politica viene condizionata, perché
tende a rispecchiare le esigenze degli
americani più ricchi.
Non c’è da meravigliarsi se il movimento
Occupy Wall street è diventato una calamita
per tutti gli scontenti. Ci sarebbero
molte risposte possibili alle proteste dei
manifestanti: la sospensione dei pignoramenti,
una tassa sulle transazioni finanziarie,
una maggiore difesa dei diritti dei lavoratori
e un diverso sistema fiscale. La politica
deve smettere di proteggere le banche
e deve invece favorire la piena occupazione,
spendendo anche i soldi pubblici per
creare posti di lavoro e programmare una
strategia solida e a lungo termine per aumentare
la produzione interna.
Non spetta ai manifestanti fare proposte
di legge. È compito dei politici e, se lo
avessero fatto prima, oggi non ci sarebbe
bisogno di cortei e raduni. Ma dato che non
l’hanno fatto, le proteste sono legittime e
importanti. Sono anche la prima linea di
difesa contro un ritorno di Wall street ai
metodi che ci hanno fatto precipitare in
una crisi economica da cui gli Stati Uniti
non sono ancora usciti.
Fonte: Internazionale
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