Finalmente un buon precedente per contenere lo scandaloso spreco delle tasse evase da parte dei giganti del web in Italia: Google ha fatto un accordo con il fisco italiano, in base al quale si impegna a versare 326 milioni di euro per chiudere un contenzioso avviato dalla procura della repubblica di Milano. Si tratta di una cifra che copre imposte non versate per anni (dal 2015 al 2019), interessi e sanzioni: tutto scoperto dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, al termine di un accertamento promosso dall’Agenzia delle Entrate. Sulla base di queste indagini, era nata l’inchiesta della procura della Repubblica di Milano nella quale, come è scritto negli atti, «è emerso che l’impresa estera, relativamente alle attività condotte sul territorio nazionale, aveva omesso la dichiarazione e il versamento delle imposte sui redditi prodotti in Italia per il tramite di una ipotizzata stabile organizzazione occulta di tipo materiale costituita dai server e dall’infrastruttura tecnologica essenziale per il funzionamento dell’omonima piattaforma per l’offerta di servizi digitali».
Cosa insegna questo episodio che ha colpito il colosso di Mountain View? Almeno tre cose. Primo: quando vuole, lo Stato italiano, anche attraverso la collaborazione dei suoi diversi apparati, può colpire anche i grandi evasori e non solo i piccoli imprenditori o artigiani che hanno fatto qualche attività in nero. Secondo: le cifre in ballo sono enormi. Pensate soltanto a quante cose si possono fare (dagli asili alla spesa sanitaria) con 326 milioni di euro di denaro fresco versato nelle casse pubbliche. Terzo: ci auguriamo che questo sia solo l’inizio, di un’operazione di recupero delle tasse non pagate da parte di tutte le grandi compagnie del web, che per anni hanno fatto finta di considerare l’Italia una sorta di “zona franca” per le loro attività.
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