Se andate sul sito di Ikea, potete fare una bella immersione nel marketing della sostenibilità. La casa sostenibile. Gli arredi sostenibili. La vita sostenibile. C’è di tutto e di più, compreso il clic sui singoli prodotti da acquistare in diretta sotto il segno del nuovo mantra dell’industria globale. D’altra parte siamo tutti clienti di Ikea, apprezziamo il buon rapporto tra qualità e prezzo dei suoi prodotti, e dunque perché sorprendersi se la multinazionale svedese cavalchi l’onda lunga della sostenibilità?
GREENWASHING IKEA
L’asino casca, e si sente puzza di greenwashing, quando si scopre che nel quartiere generale di Ikea sembrano ignorare, o fingono di ignorare, l’obiettivo numero 8 dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile. Si intitola lavoro dignitoso. E il lavoro perde la sua dignità quando, per esempio, i dirigenti di un’impresa spiano, con vari mezzi tecnologici, i propri dipendenti.
La storia non è più solo un fatto di cronaca. C’è una sentenza, emessa dal tribunale di Versailles, che condanna alcuni dirigenti di Ikea-Francia, e la stessa multinazionale, ad alcune pene detentive e a un risarcimento di un milione di euro, proprio per avere commesso questo orribile reato.
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SPIONAGGIO DEI DIPENDENTI IKEA
Tra i dirigenti condannati ci sono Louis Baillot (due anni con la condizionale e 50mila euro di multa), amministratore delegato di Ikea Francia, e Jean- Francois Paris, responsabile della Gestione del rischio (18 mesi con la condizionale e 10mila euro di multa). Questo significa che il reato è stato commesso ai massimi livelli della filiale francese del gruppo. E inoltre, stando alla confessione dello stesso Paris, per il piano di sorveglianza di centinaia di lavoratori sono stati stanziati circa 600mila euro. Domanda: ritenete possibile che ci sia un impegno finanziario di questo genere senza che la sede centrale della multinazionale sappia qualcosa?
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IKEA: MA È DAVVERO SOSTENIBILE?
In attesa di capire se il caso francese di Ikea sia isolato o meno, ci sono due considerazioni da fare. La prima la affidiamo alle parole dell’avvocato del sindacato che ha trascinato la multinazionale svedese in tribunale, Solene Debarre: «Una multa di 1 milione di euro per un gruppo come Ikea sicuramente non è molto. Ma è un segnale forte, che speriamo venga ben recepito dal gruppo e anche da altre aziende che praticano forme di sorveglianza sui propri dipendenti». Seconda considerazione: Ikea farebbe bene a portare avanti una completa pulizia, non solo in Francia, su pratiche scorrette di questo genere. Tutto alla luce del sole, magari chiedendo scusa ai dipendenti e ai consumatori. E impari a interpretare la parola sostenibilità: se le carte sono truccate, potrebbe arrivare la condanna più grave. Quella dei clienti, capaci di boicottare i prodotti targati Ikea.
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Photo credit: Tanasan Sungkaew / Shutterstock.com
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