Il lavoro degli agricoltori è retribuito una miseria. Uno spreco enorme rispetto alle fatiche dei nostri contadini e anche alle opportunità che l’Italia offre in questo settore. Nel recentissimo Rapporto Ismea sull’Agroalimentare italiano ci sono conti che raccontano, al di là di ogni parola, questa triste storia.
Ogni 100 euro spesi dai consumatori per i prodotti agricoli freschi (frutta, verdura e ortaggi), nelle tasche degli agricoltori, una volta detratti anche i costi per il lavoro e per gli ammortamenti degli impianti, restano appena 7 euro. Ma le cose vanno ancora peggio se la catena si allunga, ed entra in gioco l’industria che trasforma i prodotti della terra (pensiamo a tutta la filiera dell’alimentare e delle conserve). In questo caso gli agricoltori, per ogni 100 euro spesi dai consumatori, si devono accontentare di 1,5 euro. Una miseria, appunto. Un decimo, per esempio, dei soldi che vanno a quelli che si occupano, per lo stesso prodotto della distribuzione e della logistica: 13,1 euro.
Il risultato di questa assurdità è che nel 2023 mentre l’industria alimentare ha registrato un + 16 per cento del valore della sua produzione, in agricoltura c’è stata una diminuzione del 3,3 per cento. E gli occupati agricoli sono diventati 872 mila, con una caduta del 3,1 per cento rispetto al 2014. Se non è proprio una fuga dalla terra, poco ci manca.
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