Nella mensa per i 2mila dipendenti di Google, a Mountain View, luccicano vassoi carichi di mele e carote. La regina di Internet ha appena lanciato una campagna per modificare gli stili alimentari dei suoi dipendenti: meno bibite gassate, meno snack e più frutta e verdura. Una dieta in fabbrica, insomma. Con la convinzione che il cibo-spazzatura non solo fa male la salute, e una grande azienda deve preoccuparsi anche di questo aspetto della vita dei suoi dipendenti, ma riduce la produttività e invoglia a lavorare meno. Da qui una campagna a tappeto, con una serie di interventi nel menù della mensa aziendale e nei rifornimenti dei distributori automatici. È bastato spostare nelle retrovie delle macchine automatiche gli snack e le bibite gassate, mettere avanti bottiglie in vetro di acqua liscia, e i consumi dei dolciumi sono dimezzati. A tavola, le porzioni di cibo sono state ridotte, i piatti sono diventati di piccole dimensioni e avanzano i rifornimenti di ricette della sana dieta mediterranea. Regole già introdotte con successo dalla Ibm, che addirittura premia con denaro contante i dipendenti in grado di dimostrare la loro sana e corretta alimentazione.
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La guerra al junk food in America è diventata una vera crociata che coinvolge le pubbliche amministrazioni e le aziende private. Michelle Obama ha fatto della lotta all’obesità, specie quella infantile, la sua bandiera di first lady, dal primo giorno in cui si è insediata alla Casa Bianca. Ricordate? Una sua fotografia mentre zappettava nell’orto del presidente invase i siti di tutto il mondo e da quel momento Michelle non si è mai fermata nella sua crociata. Da fine settembre è in vendita un cd, intitolato “Canzoni per l’America più sana”, dove la moglie di Barack balla accompagnata dalla musica di star del rap come Jordin Sparks e Ashanti. Tra i titoli, un pezzo recita “Sei quello che mangi”. Anche Michael Bloomberg è diventato un paladino dei nuovi stili alimentari, dopo avere introdotto il divieto di fumo perfino nei parchi di New York. Il sindaco ha vietato, con una legge comunale, l’uso di acidi grassi insaturi nei ristoranti della Grande Mela e ha obbligato le catena alimentari a pubblicare il numero di calorie di ciascun prodotto in vendita. Poi ha provato l’affondo cancellando la vendita di bibite gassate in bottiglie extra-large, ma per il momento è stato sconfitto dalla lobby delle bollicine. È bastato il ricorso di due associazioni, finanziate dalla Coca Cola e dalla Pepsi Cola, per convincere i giudici della Corte suprema di Appello ad annullare il divieto introdotto da Bloomberg definito come “una norma del tutto arbitraria”. «Ma non saranno certo i giudici a fermare la mia battaglia a difesa della salute dei cittadini» ha avvisato il sindaco, che lascia al suo successore il testimonial della sua campagna. E d’altra parte negli Stati Uniti il problema dell’obesità, legata alla cattiva alimentazione, è diventato una piaga sociale, con il 68 per cento degli americani in sovrappeso e un bambino su otto già obeso a un’età inferiore ai cinque anni.
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In Italia, dove pure l’obesità miete vittime, la dieta mediterranea è già diffusa nelle famiglie, ma la novità consiste nel fatto che questo tipo di alimentazione si sta allargando a macchia d’olio nelle mense aziendali e nelle scuole. I cittadini vegetariani o vegani sono ormai 6 su 100, e sono sempre di più le catene di supermercati che hanno un intero reparto dedicato a questa fascia di consumatori. Prima che Google in America partisse con la sua campagna, la Barilla nei suoi stabilimenti sul territorio nazionale aveva già introdotto nuovi e più sani menù nelle mense dei dipendenti. Piatti di pesce fresco almeno due volte alla settimana, carne rossa e fritti ridotti a un solo giorno, frutta e verdura in abbondanza. E, ovviamente, pasta con condimento naturale. La General Electric, settemila lavoratori in Italia, ha previsto tra le offerte di cibo per i propri dipendenti durante l’ora di pranzo anche prodotti freschi biologici e acqua naturale, in caraffa, microfiltrata. In Emilia Romagna la più importante società di catering aziendale offre alle società menù vegetariani al prezzo super scontato di 8 euro a pasto.
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Dalle aziende alle scuole. In Liguria oltre 60mila alunni sono coinvolti in un progetto sperimentale che modifica l’alimentazione degli alunni: niente carne rossa, e tanta frutta e verdura di stagione. A Torino diverse mense scolastiche sono rifornite con il meccanismo del “chilometro zero”, con i piatti che arrivano direttamente dai produttori della regione. In Sicilia è stata varata perfino una legge regionale che prevede per le mense degli asili nido l’uso esclusivo di prodotti siciliani, certificati e tracciabili. E nei distributori automatici delle scuole sono scomparse le bibite zuccherine gassate e sono arrivati succhi di frutta e spremute di agrumi. Made in Sicilia, ovviamente.
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La tendenza a una nuova alimentazione da diffondere a tutto campo, dalle famiglie alle scuole fino alla fabbrica, è direttamente collegata a un obiettivo strategico: ridurre i rischi di malattie alimentate da cattivi stili di vita (e con questo risparmiare sui costi del Servizio sanitario nazionale) e migliorare il benessere dei cittadini che ormai nessuno si sogna più di calcolare solo sulla base dell’andamento del pil. Una conferma arriva dalla statistica appena pubblicata sull’aumento della statura dei maschi in Europa nell’ultimo secolo. Sono cresciuti di 11 centimetri, ma la tendenza si è allentata dopo gli anni del boom economico quando sono esplosi i consumi alimentari, a partire dai prodotti più carichi di calorie. «Gli eccessi di grassi e zuccheri hanno bloccato l’evoluzione della statura dei cittadini europei» avvertono gli autori della ricerca pubblicata dalla rivista Oxford Economic Papers. Dunque, bibite gassate e snack consolano il palato ma non aiutano a crescere.
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