In Italia l’ingiustizia corre sui binari, ecco dove i disagi dei treni creano più problemi

Sulla Roma Orte, in un percorso di mezz’ora, si accumula più di un’ora di ritardo. L’Intercity 721 in Sicilia ha garantito 100 ore di ritardi in soli otto mesi. Da vent’anni, sempre in Sicilia, si aspettano i soldi per raddoppiare la linea Giampalieri-Fiumefreddo. E in Lombardia viaggiano il doppio dei treni dell’intero Sud

DISSERVIZI TRENI REGIONALI

I DISAGI DEI TRENI IN ITALIA –

Il calvario quotidiano è accettato con rassegnazione, come se fosse scolpito in una pagina della Bibbia. I pendolari che viaggiano sulla linea Roma-Orte sanno bene a che cosa vanno incontro ogni giorno che Dio ha mandato in Terra: il loro viaggio dovrebbe durare mezz’ora, al massimo quaranta minuti, ma su un percorso così breve il ritardo, abituale e cronometrico, può arrivare anche a un’ora. Un record da Guinness della vergogna ferroviaria, un primato che taglia le gambe, come una falciatrice, a studenti, insegnanti, dipendenti statali e lavoratori del settore privato. L’Italia semplice, con facce da Paese normale, ma con storie di viaggio, di mobilità, che ormai non si vedono più neanche nei paesi del Terzo mondo.

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Mi è capitato più di una volta, per lavoro e nel tentativo ossessivo di preferire sempre e comunque il treno alla macchina, di salire sulle carrozze del Roma-Orte, che con una certa sfacciataggine lor signori di Trenitalia definiscono “un regionale veloce”, e vi garantisco che la scena è quasi sempre la stessa. I pendolari che ho incontrato e ascoltato, dovendo occupare il tempo sprecato per rallentamenti macroscopici, mi hanno spiegato che il ritardo è congenito, come se fosse compreso nel prezzo del biglietto. E anche il rito del calvario ha la sua liturgia fissa: il treno “regionale veloce” si inchioda nella stazione di Roma Tiburtina, pochi minuti dopo la partenza da Termini, e dopo una ventina di minuti di inspiegabile stop, arriva finalmente la voce di un capotreno che, con tutta naturalezza, annuncia la prossima ripartenza con lo spostamento sul binario unico. Niente scuse, neanche formali, ai poveri viaggiatori, niente spiegazioni e amen. Poi scopri che i pendolari, su questa linea ferroviaria super trafficata e super sgangherata, devono dare la precedenza ai vagoni dell’Alta Velocità.

RITARDI DEI TRENI IN ITALIA –

Anche i pendolari della linea Roma-Orte da domani, secondo le nuove regole introdotte da Trenitalia, potranno acquistare biglietti validi solo per 24 ore. Una forma, anche condivisibile, di deterrenza contro il fenomeno dei portoghesi che, anche loro, colpiscono i pendolari. Meno incassi, infatti, significano meno risorse per investimenti (sulla linea e sui treni) e per la qualità dei servizi (durante l’estate per i pendolari l’aria condizionata è considerata un optional). Bene, dunque. Salvo un particolare, e cioè che Trenitalia, RFI, ovvero le due società operative, una per la gestione dei treni e l’altra per le linee, che fanno capo alla holding Ferrovie dello Stato (prego notare la parola Stato, come azionista di maggioranza), dovrebbero decidersi, una volta per tutte, con la regia del governo e la collaborazione delle regioni, a battere un colpo per dimostrare di non considerare i pendolari come cittadini di serie B. O di classe inferiore.

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I fatti, racchiusi nei racconti e nei viaggi, al momento dicono proprio questo. A fronte di noi privilegiati che frequentiamo ormai in modo abituale le linee e i treni dell’Alta Velocità, dove funzionano sia il servizio sia la puntualità, ci sono quasi tre milioni di italiani che ogni giorno giocano al tavolo della roulette ferroviaria. Sono i noti e arcinoti pendolari. Se, per esempio, viaggiano sull’Intercity 721, altro treno classificato “veloce”, altro treno molto utilizzato da studenti, pensionati e dipendenti pubblici, per collegare Messina, Catania e Siracusa, il ritardo medio è di 32 minuti. Secchi. E in otto mesi il 721 siciliano ha garantito 100 ore complessive di ritardi, numeri da concorrenza con il primato sulla Roma-Orte.

Non parliamo poi dello strazio al quale vanno incontro i pendolari del treno Reggio Calabria-Taranto (in genere si tratta di viaggiatori che lavorano e risiedono nelle due diverse regioni): per l’intera tratta, che collega ben 40 centri urbani, il tempo di viaggio è di 7 ore e 12 minuti, roba da spostamenti con la carrozza e con i cavalli. Anche qui il ritardo, poi, stazione dopo stazione si accumula, è incorporato nel prezzo.

DISSERVIZI TRENI REGIONALI –

Ai pendolari condannati al tormento di rientrare a casa fuori orario, magari per la cena con la famiglia, da anni si fanno tante promesse. Ammodernamenti delle linee, nuovi vagoni, tecnologia più avanzata: poi si scopre che i convogli della Circumvesuviana e dell’Alifana a Napoli (120mila viaggiatori) sono diminuiti tra il 30 e il 40 per cento. E il raddoppio della linea Giampalieri-Fiumefreddo, sempre in Sicilia, in tutto 42 chilometri, per consentire viaggi più veloci e senza ritardi ai pendolari dell’isola, è stato deciso e firmato da RFI (ovvero Ferrovie dello Stato) all’interno di un accordo di programma, nel lontano anno di grazia Duemila. Dopo 16 anni per un’opera che costa 2 miliardi e 700 milioni di euro, si sono visti finora solo 49 milioni di euro. Anche i soldi, nelle linee ferroviarie italiane, viaggiano in ritardo, anche perché spesso si sprecano, tra clientelismi e opacità varie, specie se si tratta di investimenti per i pendolari.

Infine, a proposito di sistema Italia e di un Paese sempre più ingiusto, i treni che circolano nel Sud sono meno di quelli in circolazione nella sola Lombardia: 1738 contro 2300. Al contrario, nella classifica dei ritardi, i primi posti sono tutti occupati da treni in partenza e in arrivo nelle regioni meridionali.

Credits foto di copertina: Nick_Nick / Shutterstock.com

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