Viva le donne. A Stoccolma, quando si tratta di assegnare premi Nobel, sono abituati a fiutare l’aria e il tempo che scorre, scandendo il segno della novita’. E cosi’ quest’anno, mentre donna Angela Merkel e’ stata appena confermata, alla guida della Germania, la donna piu’ potente del mondo, e mentre lady Clinton gira il mondo nei panni del Segretario di Stato americano e infila in un cono d’ombra il ricordo del marito Bill alla Casa Bianca, gli accademici di Sua Maesta’ in Svezia hanno pensato bene di assegnare una cinquina di Nobel tutti al femminile. Ieri e’ toccato a Elinor Ostrom, 76 anni, caposcuola all’Universita’ dell’Indiana, spartirsi un assegno di 1,4 milioni di dollari (980mila euro) con il connazionale Oliver E. Williamson, 77 anni, professore emerito all’universita’ californiana di Berkely: entrambi vincitori del Nobel per l’economia. Prima della Ostrom, nel corso del 2009, altre quattro donne hanno ricevuto la notizia della vita, cioe’ l’ingresso nel pantheon dei premi Nobel: Ada E. Yonath (per la chimica), Eliszabeth H. Blackburn e Carol Greider (per la medicina), Herta Muller (per la letteratura).
Chiarito con la legge dei numeri il fenomeno di tendenza, mai nella storia cinque donne nello stesso anno avevano ricevuto il riconoscimento che sognano tutti gli scienziati e i letterati del pianeta, c’e’ da aggiungere qualcosa sul lavoro della Ostrom, che anche sotto questo punto di vista si presenta con le carte in regola rispetto al cambiamento in atto dopo l’esplosione della crisi economica, finanziaria e sociale. Lei non e’ un’economista, e quindi non si e’ ritrovata neanche per un giorno sul banco degli imputati tra quelli che non avevano ne’ capito ne’ tantomeno anticipato il crack, ma una politologa, premiata, guarda caso, quando nel mondo si riaffaccia l’esigenza del primato della politica. E il riconoscimento, nel suo caso, non va solo alla persona, ma alla scuola che lei ha creato in un’America ubriacata per anni dalle teorie del “mercato perfetto” o del “creare valore” nelle aziende, magari attraverso il perverso meccanismo delle stock option incassate da qualche ladro di polli. La Ostrom e’ una studiosa di matrice umanista, altro ritorno nel mondo che verra’, che appunto con i suoi allievi si occupa da anni dell’interazione tra societa’, risorse, ecosistema. E ha ricevuto il Nobel proprio per le sue ricerche e analisi della “governance in economia, in modo particolare del bene collettivo”, ex equo con Williamson, a sua volta incoronato per gli studi “della governance in economia, in modo particolare dei limiti delle imprese”. Traducendo il linguaggio asettico dei comunicati degli accademici di Stoccolma, il Nobel per l’economia e’ andato a due studiosi, una donna e un uomo, che dovrebbero aiutarci, con le loro teorie, a tornare con i piedi per terra, e magari con le spalle piu’ solide. Riportando cioe’ l’economia piu’ reale che finanziaria, in un perimetro di valori universali, di responsabilita’ non solo individuali ma innanzitutto collettive, di scelte anche politiche che dovranno dare la rotta verso l’obiettivo di un mondo globale si’, squilibrato all’infinito no. Vedrete che personaggi come la Ostrom molto presto diventeranno, per esempio, le icone intellettuali del nuovo ambientalismo moderno: pragmatico, non ideologico, non ispirato al veto perenne ma alla necessita’, che le nuove generazioni respirano come l’aria, di ridurre un inquinamento atmosferico figlio anche di un progresso troppo sregolato. La Ostrom rappresentera’ una bussola del pensiero scientifico e accademico che vuole riportare la qualita’ della vita dei popoli a un significato piu’ compiuto e complesso rispetto al semplice indicatore di un pil, detto anche prodotto interno lordo.
Tornando alle donne che sfondano il muro del Nobel e fanno la cinquina, non bisogna abbassare la guardia del senso critico anche rispetto a delle scelte cosi’ politically correct. La comunita’ internazionale degli economisti, e in generale degli studiosi di teorie economiche e sociali, dara’ sfogo gia’ nei prossimi giorni a tutta una serie di interrogativi sulla validita’ del premio assegnato alla Ostrom. D’altra parte, meritare un Nobel contiene sempre un punto di domanda, maschio o femmina che sia il vincitore, e ne abbiamo visti, nel corso della storia, scienziati illustri, uomini e donne che hanno modificato il corso delle ricerche e delle scoperte scientifiche, restare puntualmente a bocca asciutta quando la parola Nobel viene pronunciata dai giurati dell’Accademia reale di Svezia. Cosi’ come, per esempio, qualcuno mi deve ancora spiegare, con tutto il rispetto per la scrittrice tedesca Herta Muller (il suo romanzo piu’ bello, mi dicono, e’ in arrivo in Italia), come sia possibile continuare a ignorare per il Nobel per la letteratura uno scrittore come Philip Roth che non sbaglia un libro-capolavoro da quando ha iniziato a mettere nero su bianco. Le controversie fanno parte del ricco gioco dei Nobel, e qualche svista i signori accademici negli ultimi anni l’hanno sicuramente presa (siamo sicuri che Dario Fo, con tutto il rispetto per la sua grandezza di attore, meritasse il premio?). Ma oggi non possiamo non dirlo anche noi con gli accademici di Stoccolma, chiaro e forte: viva le donne.
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