Igiene etica, ma veramente salviamo l’ambiente facendo una doccia al mese?

Il movimento Unwashed, non lavato, prende piede anche in Italia. In America è cavalcato da alcune star del cinema pronte a farsi pubblicità con il green

IGIENE ETICA
Quando l’ambientalismo imbocca la strada dell’ideologia, dell’integralismo e degli eccessi narcisisti, rischia di fare grandi danni anche alle sue ragioni. E la sostenibilità diventa una bolla di sapone. Pensavo a questa regola, a questo spreco di una battaglia di civiltà, leggendo su un giornale francese il boom che sta avendo in Europa, e prima ancora negli Stati Uniti, l’igiene etica. Tradotta poi nel solito movimento trasversale con tanto di adepti e cultori: Unwashed, che alla lettera significa non lavato.

IGIENE ETICA

Che cosa ci sia di etico, se non il rispetto degli altri quando li incontriamo, nel lavarsi i denti e le ascelle con regolarità, è qualcosa che sfugge alla mia comprensione. Ma sarà un mio limite. Nella sostanza profeti e seguaci dell’igiene etica ci chiedono di lavarci il minimo indispensabile, lo stretto necessario, fino a cambiare in modo radicale le nostre abitudini igieniche. La doccia, per esempio, può essere sufficiente farla ogni dieci giorni.
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MOVIMENTO UNWASHED

Lavarsi poco, secondo questa filosofia (?), significa pagare pegno sul piano della pulizia, ma in compenso ridurre alcuni sprechi, a partire dall’acqua (una doccia non consuma meno di 50 litri di acqua).
Diversi blog, forum, pagine Facebook e Instagram, soffiano sulle vele dell’igiene etica. Ovviamente l’integralismo poggia sempre su un nocciolo di verità: attorno alle abitudini relative alla cura della persona si consumano diversi sprechi. E l’acqua è sicuramente uno dei più gravi. Gli italiani, in casa, consumano 100 litri di acqua in più pro-capite all’anno rispetto a francesi e tedeschi. Siamo forse più puliti di loro? Curiamo meglio il corpo? Non credo. Piuttosto sprechiamo più acqua, e lo facciamo anche per il semplice fatto che nel nostro Paese ne abbiamo davvero tanta ed a buon prezzo per il consumatore.

AMBIENTALISMO PER OPPORTUNITÀ

Sempre in materia di igiene, siamo consumatori compulsivi di saponi, detergenti, shampoo: tutti prodotti che consideriamo un’unica cosa con l’igiene personale. Esagerando. E avendo una cultura piuttosto infantile dell’igiene: non è una saponetta che fa tanta schiuma che ci fa essere più puliti.
Ma una volta riconosciuti gli sprechi, non possiamo affrontarli con un rimedio peggiore del male. Ovvero trascurando e minimizzando il valore dell’igiene personale, che invece è decisivo per non sprecare la nostra salute.
Lo abbiamo visto anche a proposito della pandemia.  Al primo posto delle precauzioni contro i contagi, decisamente prima delle mascherine e di altri apparati di protezione, c’è il gesto più semplice  di questo mondo: lavarsi le mani. Spesso e bene. per esempio ogni volta che si torna a casa. Se dovessimo prendere per buone le crociate dei mentori dell’igiene etica, e considerando il consumo di acqua per lavarsi bene le mani con frequenza, avremmo tutti qualcosa da rimproverarci. Saremmo degli sciuponi  da mettere nella lista nera. E pazienza se l’igiene delle mani serve a scansare il Covid-19. Quello che conta per l’integralismo ambientalista è l’etica, l’etica dell’igiene.

LAVARSI POCO PER L’AMBIENTE

Alle dottrine poi seguono i fatti. Il movimento Unwashed in America prima di essere popolare è molto amato dalle star del cinema che sono abilissime a farsi pubblicità grazie agli annunci sui loro stili di vita super green. Da qui il passo al metodo del famigerato greenwashing  è davvero millimetrico. Così nel movimento che teorizza di lavarsi il meno possibile per non danneggiare l’ambiente ci sono personaggi del calibro di Brad Pitt, Colin Farell, Russel Crowe e Johnny Depp. In Italia dobbiamo accontentarci di Maurizio Corona, che almeno ha il buon gusto di spiegare la sua scelta così radicale con un pizzico di sana autoironia: “Quando esagero faccio una doccia al mese. Ma non disturbo nessuno, vivo da solo, i miei cani mi sopportano”.
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