Il cervello di chi legge funziona meglio

Lo studio americano sui bambini. Grazie ai libri sono più sviluppate le aree della comunicazione verbale. Che significa parlare meglio e con più efficacia

Leggiamo poco, e questa non è una novità: quasi il 61 per cento degli italiani durante un intero anno, non tocca neanche un libro. E non siamo consapevoli che tra gli sprechi consumati da chi legge poco, c’è qualcosa che riguarda, fin dall’infanzia, la qualità e la salute del cervello. Una ricerca fatta all’università di Pittsburgh ha consentito di scoprire che il cervello dei bambini che leggono molto è ben diverso da quello dei bambini che leggono poco. 

In particolare, sono più sviluppate le aree della comunicazione verbale. Ciò significa che i bambini, leggendo fin da piccoli, si esprimono meglio, hanno una migliore proprietà di linguaggio, sono più capaci di dire con chiarezza ciò che sentono e vogliono. E con questo sono sicuramente più attrezzati per le relazioni umane, ma anche per affrontare con più efficacia i percorsi di studio e quelli professionali. I miglioramenti così significativi nel cervello dei bambini che leggono vengono spiegati dagli studiosi anche con il fatto che fino a circa vent’anni la nostra materia cerebrale si presenta molto plastica, duttile, e quindi in grado di assorbire al meglio i benefici della lettura. In passato, uno scienziato americano, Gregory Bens, aveva dimostrato che la lettura dei romanzi aumenta la connessione tra i neuroni, e quindi migliora la sinapsi e fa crescere la materia grigia. 

Non a caso, la lettura, dal giornale ai libri, passando per le parole incrociate, viene suggerita alle persone anziane che hanno problemi neurologici.  E secondo lo scienziato americano, mentre leggiamo un libro in cui qualcuno dei personaggi svolge una specifica attività, come ad esempio correre, si attivano nella nostra testa gli stessi neuroni che si attiverebbero qualora fossimo noi ad eseguire quell’azione.Questo vuol dire che leggere un romanzo ti può realmente trasportare nel corpo del protagonista, e non si tratta soltanto dell’abilità narrativa di uno scrittore, ma è qualcosa che accade a livello biologico.

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