James Surowiecki www.internazionale.it
Dropbox è un’azienda che ha introdotto
un’innovazione semplicissima:
un sistema per sincronizzare automaticamente
il contenuto di una
cartella su diversi computer. È nata
nel 2008 ed è cresciuta rapidamente.
Dopo un anno aveva già due milioni di utenti e oggi
ne ha più di 25 milioni. Tra i motivi del suo successo si
potrebbero elencare l’utilità del servizio che offre o lo
spirito imprenditoriale del suo fondatore. Ma per capire
perché negli Stati Uniti nascono regolarmente
aziende come Dropbox, bisogna anche valutare chi è
interessato all’acquisto di nuovi prodotti. Il fatto è che
in America ci sono moltissime persone disposte a consegnare
i propri dati a una società appena
fondata, cioè quel tipo di persone che
l’economista Amar Bhide chiama “consumatori
avventurosi”.
Qualcuno potrebbe pensare che il
consumo sia un’attività passiva, ma acquistare
nuovi prodotti e servizi in realtà
può essere rischioso, almeno per chi dà
valore al proprio tempo e denaro. È difficile
sapere in anticipo se un nuovo prodotto
si rivelerà utile: gli studi comportamentali
dimostrano che siamo incapaci
di prevedere i nostri bisogni e desideri.
È per questo che le nostre case sono piene di gadget e
attrezzi per fare ginnastica mai usati. Senza contare
che spesso i nuovi prodotti hanno ancora bisogno di
essere perfezionati, quindi i primi utenti fanno da cavie.
Succede che le prime versioni dei prodotti elettronici
di consumo siano molto più costosi e meno efficienti
dei modelli successivi.
Nel suo libro The venturesome economy Bhide dimostra
che aziende e individui negli Stati Uniti sono irrazionalmente
disposti a scommettere sui nuovi prodotti.
Gli agricoltori americani, nel bene e nel male, sono
stati quelli che hanno adottato con più entusiasmo le
colture geneticamente modificate. E le imprese americane
sono sempre state avide di nuove tecnologie:
sono state tra le prime a usare l’energia elettrica nelle
loro fabbriche, hanno reso l’aria condizionata onnipresente,
hanno comprato negli anni cinquanta e sessanta
migliaia di enormi computer, anche se l’Ibm all’inizio
pensava di poterne vendere solo venticinque. E quando
sono stati creati dei computer più piccoli, le aziende
hanno investito molto in questo settore.
Nella sua voglia di novità, il pubblico statunitense
ha sempre messo da parte ogni cautela. Le prime automobili
erano pericolose, inquinanti e costose. Ma nel
1920 gli americani ne compravano già più di due milioni
ogni anno, e sul mercato statunitense si vendeva il
90 per cento delle automobili del mondo. Elettrodomestici
come ferri da stiro e aspirapolvere erano comuni
nelle case americane già negli anni venti, quando
nella maggior parte dei paesi europei erano una rarità.
I primi viaggi aerei erano pericolosi e costosi, ma nel
1960 le compagnie aeree statunitensi gestivano già
quasi il 60 per cento del trasporto aereo globale. La
televisione, il personal computer, il lettore dvd, l’iPod,
qui tutto è diventato popolare molto rapidamente.
Dal punto di vista commerciale la disponibilità dei
consumatori a correre rischi significa che negli Stati
Uniti le nuove tecnologie possono far accumulare profitti
più rapidamente che altrove. Questo incoraggia gli
inventori a inventare, e gli investitori a
investire denaro nelle startup. E la velocità
con cui si diffondono i prodotti di
successo consente alle aziende di approfittare
molto presto delle economie di
scala, facendo scendere i prezzi e raggiungendo
ancora più clienti. Ma non è
solo una questione di velocità. I consumatori
avventurosi aiutano le aziende a
migliorare i prodotti e spesso anche a
trovargli un’utilità che i loro inventori
non avevano neanche immaginato. In
questo senso la nostra cultura dell’innovazione
dipende allo stesso modo dai consumatori e
dagli imprenditori.
Oggi l’economia debole costringe aziende e consumatori
a risparmiare, e questo potrebbe spingerci a
fare previsioni negative per l’immediato futuro. Ma gli
americani di solito non rinunciano al consumo avventuroso
neanche in tempi difficili. Il pc fu introdotto
durante la recessione del 1981-1982. L’iPod ha debuttato
quando ci stavamo riprendendo dalla scoppio della
bolla di internet. E, secondo il nuovo libro dello storico
dell’economia Alexander Field, perfino nel pieno
della grande depressione le imprese statunitensi continuarono
ad aprire laboratori di ricerca e sviluppo e a
investire in tecnologie che aumentavano la produttività,
tutte cose che gettarono le basi del boom del dopoguerra.
È vero che nel 2008 le aziende hanno ridotto le spese,
ma negli ultimi due anni hanno investito molto nella
tecnologia dell’informazione, e ora i consumatori,
che in teoria dovevano aver riscoperto le virtù del risparmio,
stanno comprando a tutto spiano smartphone
e iPad. Il vizio del consumo avventuroso, a
quanto pare, è difficile da perdere. E questa è una buona
notizia, perché fa comodo a chi vende e a chi compra.
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