Il mercato ha fallito. Servono nuove idee

GLI economisti sono sotto scacco. Non avevano previsto ne’ i tempi ne’ l’intensita’ di una crisi epocale e per trent’anni, dalla rivoluzione liberale della signora Margaret Thatcher e di Ronald Reagan, hanno teorizzato “il pensiero unico”, cioe’ la fiducia cieca nel mercato. Uno schema culturale in base al quale il mercato, e soltanto il mercato, […]

GLI economisti sono sotto scacco. Non avevano previsto ne’ i tempi ne’ l’intensita’ di una crisi epocale e per trent’anni, dalla rivoluzione liberale della signora Margaret Thatcher e di Ronald Reagan, hanno teorizzato “il pensiero unico”, cioe’ la fiducia cieca nel mercato. Uno schema culturale in base al quale il mercato, e soltanto il mercato, e’ in grado di valorizzare le opportunita’ individuali e di indirizzarle verso il benessere e l’efficienza collettiva. Da qui deregulation, ridimensionamento dello Stato e delle sue funzioni di controllo. E da qui un modello di sviluppo che fa perno sulla crescita della produzione, misurata dal famoso pil, e su una inarrestabile corsa ai consumi. Piu’ produzione, piu’ consumi, piu’ democrazia: questo il meccanismo, autoregolato dalla forza autonoma del mercato.
Mentre gli scienziati della teoria economica fanno la loro autocritica, il pendolo del pensiero globale si sta spostando decisamente sul versante opposto. Intanto, ovunque si riconosce la necessita’ dell’intervento dello Stato sia per salvare il sistema (banche, assicurazioni, grandi gruppi industriali) sia per coordinare un diverso modello di sviluppo. Servono idee nuove, e la crisi economica costringe tutti a metterle in campo. E mentre qualche nostalgico del “pensiero unico” si straccia le vesti contro il neo statalismo e parla perfino di un ritorno al socialismo, dalle universita’ e dai pensatoi piu’ avanzati arrivano nuove teorie. Molto concrete. Dalla Columbia University, per esempio, il professore Jeffer Sachs ci informa che un calo della ricchezza in America pari a 15mila miliardi di dollari si traduce in un crollo dei consumi (per ogni dollaro in meno in tasca, un americano riduce le spese di 5 centesimi) che non e’ recuperabile con i tradizionali incentivi, a partire dalla riduzione delle tasse, per il ritorno alla normalita’. Bisogna, ecco il succo del ragionamento di Sachs, stimolare altri tipi di spesa. Come un piano globale, con la regia del G20, per finanziare gli investimenti infrastrutturali nei paesi a basso reddito. Vedete? Allontanando il pendolo teorico dal dominio assoluto del mercato, si individua un nuovo modello di sviluppo. La crisi e’ un’opportunita’, e non solo per le aziende, e come spiega in un bel libro lo storiografo Reinhart Koselleck (Il vocabolario della modernita’, edizioni il Mulino) la parola deriva dal greco krino, cioe’ separare, scegliere, decidere. Ma anche lottare.

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