Quanto bisogna allontanarsi dalle fonti degli odori forti per non sentirli davvero? Il segreto per non sentire più la puzza delle nostre industrie sarebbe racchiuso in un modello matematico, appena perfezionato dai ricercatori universitari tedeschi e austriaci riunitisi a Vienna: una formula che se applicata dalle amministrazioni locali eviterebbe agli abitanti della zona di aprire le finestre e stendere i panni di fronte a un panorama olfattivo degradato e fastidioso.
LE PREMESSE – Ogni amministrazione locale, attraverso la legislazione urbanistica, decide caso per caso a seconda del territorio a quale distanza dall’abitato le varie industrie produttrici di odori nelle loro lavorazioni (dalla siderurgica, al trattamento dei rifiuti, passando per il settore alimentare, il tessile, la concia delle pelli….) devono costruire i loro impianti. Spesso si tratta di distanze minime, a seconda della classificazione dell’industria: in Italia tale classificazione segue la descrizione della legge sanitaria nazionale, per esempio, che le divide in classi, mentre in Germania si distingue – nel caso della produzione alimentare – a seconda che si trattino polli, maiali o bovini. Per mettere fine a tale suddivisione della scala degli odori (e dei pericoli dell’inquinamento, ovviamente), un gruppo di ricercatori tedeschi e austriaci del dipartimento di scienze biomediche all’università di medicina veterinaria di Vienna ha creato un modello matematico che possa essere applicato ovunque, per qualsiasi tipo di puzza, in qualsiasi condizione atmosferica e del territorio.
IL RISULTATO – I parametri presi in considerazione dai 3 scienziati passano dal meteo, forza del vento, distanze, gas emessi e loro effetti sull’ambiente e sulle persone, calcolo della dispersione di tali sostanze: studiate le loro variazioni in singoli casi presi a modello e riuniti insieme i risultati, il gruppo ha potuto formulare il modello matematico che, come promette uno degli scienziati coinvolti, «è così semplice da calcolare da poterlo fare rapidamente a mano sul retro di una busta». Il modello è stato appena pubblicato sull’ultimo numero della rivista scientifica Atmospheric Environment. L’intento dei ricercatori, riuniti in un gruppo di lavoro austriaco che studia su larga scala le emissioni industriali e il loro impatto sull’abitato, era anche quello di creare un sistema che potesse rassicurare la popolazione e ridurre al minimo il fenomeno nimby (not in my back yard), ovvero l’atteggiamento di rifiuto delle comunità locali verso il cambiamento “nel proprio cortile”, sia esso l’introduzione di industrie, di una nuova arteria di traffico, di modelli architettonici diversi o simboli religiosi (emblematico il caso delle moschee in Italia). E anche se la scomparsa dell’effetto nimby non è assicurata, se il modello davvero funziona e verrà utilizzato dalle amministrazioni locali, potrà almeno aiutare il dibattito e il confronto nelle fasi di inserimento di una nuova fabbrica sul territorio.
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