Il Mose di Venezia è come l’Autostrada Salerno-Reggio Calabria: un’opera strategica, sulla carta, che poi nel corso degli anni diventa un cantiere infinito con sprechi, clientele e malaffare. E con i costi che volano. Siamo di fronte a uno dei paradigmi dell’Italia dove qualsiasi cambiamento, anche il più importante, diventa impossibile, e le opere pubbliche si trasformano puntualmente in un’occasione per qualche indagine a tappeto da parte della magistratura.
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Il film è sempre lo stesso. La prima puntata è quella con la quale si riconosce il valore strategico, essenziale dell’opera. Ovviamente tra una valanga di voci contrarie, proteste, cortei e denunce varie. Nel caso del Mose, si tratta di una infrastruttura necessaria per contenere il fenomeno dell’acqua alta a Venezia che rischia di fare sprofondare negli anni l’intera Laguna. Attraverso un complesso sistema di paratoie dovrebbe diventare possibile impedire l’innalzamento delle acque. «La barriera non funzionerà mai, e il Mose sarà solo una fonte di sprechi di soldi pubblici» hanno protestato diverse associazioni ambientaliste, a partire da Italia Nostra, nel tentativo di impedire l’inizio dei lavori.
Una volta aperto il cantiere, e siamo alla seconda puntata del film, si fissano alcuni numeri: il costo dell’opera e la consegna del cantiere. Tutto scritto e sottoscritto. Quando l’opera è stata progettata, 13 anni fa, doveva costare 1.600 miliardi di vecchie lire, ma già nel 2002 la cifra era schizzata a oltre 3 miliardi di euro. Quattro volte l’investimento iniziale previsto. Nel frattempo, terza puntata, i lavori procedono con il passo della lumaca. Perché? Bisogna superare la giungla dei ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato: finora il Mose ne ha affrontati ben dieci complessivamente.
Poi bisogna prendere atto di alcune varianti in corso d’opera: solo nel periodo in cui il sindaco di Venezia è stato Massimo Cacciari, al Mose ne hanno contate 13. E infine l’erogazione dei finanziamenti con il contagocce gonfia i costi e allunga i tempi del cantiere. Risultato: la consegna del Mose slitta di continuo, praticamente ogni anno. Prima è arrivata al 2011, poi al 2012, e adesso, se andrà tutto bene siamo già al 2016. Quanto ai costi, non basteranno 7 miliardi di euro.
Intanto però molti soldi sono arrivati, e qui siamo all’ultima puntata del film, e a fronte di versamenti al Consorzio Venezia Nuova di circa 5 miliardi di euro, i magistrati hanno scoperto il solito vizietto di distribuire soldi a pioggia, anche sotto forma di tangenti. Generosi finanziamenti così sono andati a rappresentanti del centrodestra e del centrosinistra, le più costose campagne elettorali dei parlamentari della zona sono state finanziate con i soldi del Mose, contributi a pioggia sono arrivati perfino al patriarcato ed al solito club di associazioni di amici degli amici. «Con il Mose i veneziani, in fatto di sprechi e di clientele, sono diventati come i siciliani» commenta acido Flavio Tosi, sindaco di Verona. Probabilmente non ha torto, e non è una bella consolazione.
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