Il parco salva l’Amazzonia

Atterrando a Manaus, nel cuore dell’Amazzonia brasiliana, si ha la sensazione di aver commesso un errore: ci si trova proiettati, infatti, in una classica, caotica, metropoli del Sud America. Grattacieli grigi ai piedi dei quali scorre un rumoroso fiume di automobili, favelas che si allargano con il loro carico di miseria e sporcizia: una città […]

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Atterrando a Manaus, nel cuore dell’Amazzonia brasiliana, si ha la sensazione di aver commesso un errore: ci si trova proiettati, infatti, in una classica, caotica, metropoli del Sud America. Grattacieli grigi ai piedi dei quali scorre un rumoroso fiume di automobili, favelas che si allargano con il loro carico di miseria e sporcizia: una città dove rimanere il meno possibile, una tappa obbligata dove fare gli ultimi acquisti prima di mollare gli ormeggi e iniziare a risalire il Rio Negro. Un fiume placido e maestoso che poco più a sud di Manaus mischia le sue acque a quelle del Rio Solimoes per formare il mitico Rio delle Amazzoni, il più grande corso d’acqua del pianeta. Ci attendono due giorni di navigazione, 24 ore su 24, verso nord, un tragitto lungo 500 km, prima di raggiungere la riserva naturale dello Xixuaú-Luogo Incantato. Ringrazio il lento procedere della Certeza, tipica imbarcazione amazzonica in legno, per il viaggio che mi sta regalando. Un fiume così largo da sembrare un lago, un colore dell’acqua che dal marrone a tratti vira al grigio scuro senza provocare repulsione, il tutto bordato da una vegetazione imponente che si staglia e riflette nell’acqua. Ogni tanto l’avvolgente silenzio viene interrotto dal «gracchiare» di una coppia di pappagalli ara che si stagliano con i loro colori accesi nel cielo.

All’alba del secondo giorno di navigazione gli strilli delle scimmie urlatrici annunciano l’arrivo nella riserva del «Luogo incantato» Il nome non è all’altezza del luogo: questo è il paradiso terrestre. Pappagalli di ogni genere volteggiano in cielo, delfini rosa fanno capolino dalla superficie del fiume, grossi caimani affiorano guardinghi vicino alle rive e un gruppo di persone sorridenti ci attende allo sbarco. Questo è il luogo dove gli uomini del terzo millennio hanno imparato a vivere in armonia con la natura incontaminata.

Le donne, gli uomini e i bambini che ci accolgono nel «centro abitato» della riserva (una ventina di casette di legno) sono caboclos, ovvero il risultato di un mix etnico tra europei, africani e indios. Sono loro i più numerosi abitanti del bacino del Rio delle Amazzoni. Gli indios, un tempo dominatori della selva, confinati in riserve poco protette, sono «a rischio estinzione» e sono stati soppiantati da queste nuove genti. Negli ultimi anni, però, molte comunità formate da gruppi di famiglie stanno scomparendo a causa delle difficili condizioni di vita nella foresta. Povertà, malattie e isolamento stanno portando i giovani ad abbandonarle per inseguire il miraggio di una vita migliore in città come Manaus dove, in realtà, nella maggior parte dei casi vanno ad accrescere le favelas. Alcuni insediamenti riescono invece a sopravvivere ripercorrendo quella nota parabola di crescita basata sullo sfruttamento intensivo delle risorse naturali che li porta a estendersi come metastasi. Avanza così la distruzione dell’Amazzonia: in alcune zone si deforesta su larga scala per ottenere legname, ma soprattutto per fare campi di soia e allevamenti bovini (oggi il Brasile è il primo esportatore di carne bovina al mondo, le mucche si stanno mangiando la foresta), in altre la devastazione è portata da migliaia di famiglie che si stabiliscono lungo i fiumi o le strade aperte nella foresta. Piccoli nuclei che si ingrandiscono a macchia d’olio o si spostano continuamente, come uno sciame di locuste, dopo aver distrutto le risorse dell’area. Già oggi, in molte zone dell’Amazzonia la deforestazione ha demolito gli equilibri idro-geologici innescando un processo di desertificazione che sta cambiando il colore dell’area dal verde al marrone.

Nella riserva del Luogo Incantato, invece, il colore che ci circonda è il verde più intenso che si possa immaginare. Qui la storia dell’Amazzonia ha avuto un percorso diverso. Non c’è stata nessuna distruzione della foresta ma si è scelta la via della conservazione che ha portato enormi benefici alla popolazione. La comunità, infatti, gestisce da vent’anni i 200 mila ettari (un quadrato di circa 45 km per lato) di foresta tropicale vergine che costituiscono la riserva: un vero e proprio parco, dove non si deforesta, non si caccia, si pesca solo per sussistenza e si protegge il territorio con guardiaparco (membri della comunità opportunamente formati). Gli uomini e le donne del Luogo Incantato vivono grazie al commercio dei frutti spontanei raccolti nella foresta (noci brasiliane e la bacca dell’acai, simile al mirtillo) e soprattutto grazie all’ecoturismo.

Aiutati da associazioni italiane e inglesi, sostenuti da progetti di cooperazione internazionale, i caboclos hanno creato un luogo in cui gli uomini non solo vivono grazie alla conservazione dell’ambiente (e non del suo sfruttamento) ma hanno migliorato le proprie condizioni di vita. Allo Xixuaú, infatti, sono riusciti a costruire un presidio medico attrezzato, una scuola per i bambini, a debellare la malaria e ad avere introiti economici sufficienti per vivere decorosamente. Da qui nessuno se ne vuole andare per cercare fortuna a Manaus. Anzi, qui sono venuti ad abitare stabilmente l’ambientalista scozzese Cris Clark (che negli anni Novanta, ha incontrato gli abitanti di questo luogo e ha iniziato con loro questo progetto), sua figlia Cathleen e due ricercatrici italiane. Emanuela Evangelista è approdata qui dieci anni fa per studiare le lontre giganti (qui vive una delle popolazioni più numerose e sane) e non è più ripartita, stregata da un sogno che ha visto realizzarsi giorno dopo giorno. Chiara Tosi, invece, si è trasferita da Milano per studiare i delfini rosa e dare il suo contributo allo sviluppo della riserva. Chiara lavorava in televisione come autrice, ha lasciato L’isola dei famosi per approdare in quest’oasi felice. Oggi chi visita il Luogo Incantato raccoglie i frutti dei sogni e del lavoro di tutte queste persone.

Grazie alla lungimiranza di questi uomini, infatti, l’area mantiene la sua originale ricchezza di flora e fauna e ospita numerose specie a rischio di estinzione. Formichieri, tapiri, bradipi, giaguari, armadilli, aquile, martin pescatori, picchi… Visitando in canoa (il motore spaventerebbe gli animali) la foresta allagata, per assistere alla pesca tradizionale fatta usando ragni come esca, ci si immerge in una realtà magica fatta di silenzio e di fugaci apparizioni di delfini rosa. Non ne ho mai visti così tanti tutti insieme: qui, dove sono protetti, gli animali abbondano e ci circondano. Aiutati dal pescatore-guida che ci accompagna riusciamo anche a scorgere nell’intricata vegetazione la rarissima lontra gigante. I caimani, spariti in tante altre aree, qui sono numerosi e sembrano aver stabilito una sorta di «accordo» con gli abitanti della riserva: loro non li cacciano e i caimani non li attaccano, rispettando i rispettivi territori. Quando ci si avventura a piedi nella foresta guidati da Barroso (un tempo grande cacciatore, oggi guida naturalistica), si respira il rapporto profondo che queste persone hanno con la foresta, di cui conoscono ogni segreto. Quello della riserva è un esempio splendido, ma non un miracolo… È una traccia da seguire, una bozza del mondo che forse verrà. Conoscere il Luogo Incantato fa capire che un rapporto diverso con le specie che popolano il nostro pianeta non solo è possibile, è indispensabile per il nostro benessere.

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