IMPATTO DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULL’AGRICOLTURA
Quanti danni fa il clima impazzito! Calcolabili, e in parte già quantificati, anche se bisogna aggiornarli, in crescita, ogni settimana. Mentre la politica balbetta risposte contraddittorie, a fasi alterne, restando intrappolata nella sua miopia e nella sua impotenza, tutti noi possiamo già fare i conti con il gigantesco spreco economico e sociale che accompagna il surriscaldamento climatico. Qui, in Italia, nelle nostre città, nei luoghi del Belpaese, e innanzitutto nelle campagne e, di conseguenza, nelle nostre tavole.
EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULL’AGRICOLTURA
Prendiamo il caso di alcuni danni all’agricoltura, ma sono solo degli esempi e l’elenco è davvero lungo per completarlo. La malattia della Terra, ormai per fortuna al centro dell’attenzione e della discesa in campo delle nuove generazioni, nelle regioni italiane sta tagliando le gambe all’intera filiera agro-alimentare. Le olive sono dimezzate, e la qualità fa fatica ad emergere con il clima impazzito (più 2,2 gradi, l’aumento della temperatura superiore alla media, nei primi mesi dell’anno): il prezzo dell’olio, quello buono e garantito, è destinato ad andare sempre più alle stelle. E sono sempre meno le persone che possono permetterselo, tutti gli altri devono ingoiare l’olio tunisino, o qualcosa di peggio. La mancanza d’acqua ha segato di un terzo la produzione di pomodori made in Italy, specialmente nelle aree dell’Emilia Romagna, ma anche nelle regioni meridionali. Ci toccano i pomodori cinesi, e addio pelati imbattibili per qualità. Anche il grano è ko (meno 40 per cento), e potete immaginare come peggiora la qualità del pane made in Italy. Senza acqua, o con acqua troppo scarsa, c’è penuria di fieno e foraggio, le materie prime per allevare bene le mucche. Da qui, un crollo di quantità e qualità dei formaggi certificati dop, a partire dal parmigiano reggiano. Abbiamo problemi con il vino e con la frutta, con i cocomeri e con gli alberi di pesche e albicocche che pagano pegno per la “finta primavera”, quella arrivata troppo presto proprio per il surriscaldamento climatico. Un disastro, che colpisce al cuore un settore, l’agricoltura, e in particolare quella biologica, che pure sta creando lavoro, benessere, opportunità di recupero e di salvaguardia di intere aree altrimenti abbandonate o destinate a qualche speculazione.
(Photo credit: livoeian/Shutterstock.com)
AGRICOLTURA E CAMBIAMENTI CLIMATICI
Con il clima impazzito ci facciamo male, molto male. Ogni giorno. La natura segnala la sua auto-distruzione, scompaiono coste, fiumi, alberi. E intanto 7.275 comuni, secondo l’Ispra, sono sempre più a rischio frane e alluvioni. Il surriscaldamento climatico è il contrario di ciò che pure tutti dicono di volere praticare, ovvero considerare l’ambiente e la natura come una risorsa, un’opportunità, e non solo un patrimonio da custodire. Un bene che abbiamo ricevuto, temporaneamente, e abbiamo il dovere di curare, come scolpisce bene il testo dell’enciclica di papa Francesco, Laudato sì. L’unica voce davvero indignata e costruttiva, nel silenzio tombale della politica: una sponda, in termini di pensiero universale, per milioni e milioni di ragazzi, giovani e giovanissimi, ai quali tocca giocare la partita. Quella decisiva per il pianeta: il sogno di un mondo davvero sostenibile e non bruciato dal clima impazzito. Un sogno e un’esigenza sempre più sentita dai giovani: una vera e propria “generazione verde“allarmata per il clima e pronta ad agire in prima persona per un futuro migliore, contro il riscaldamento globale e a favore dello sviluppo sostenibile.
(Photo credit immagine di copertina: Alexandros Michailidis/Shutterstock.com)
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