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CONTATTO FISICO
Tra le brutte eredità che la pandemia ha lasciato nei nostri stili di vita c’è l’eclissi del contatto fisico. Ne abbiamo quasi paura. O lo consideriamo irrilevante. Eppure non c’è medico al mondo, non esiste un infermiere o una badante che possano stare vicino a una persona malata o semplicemente molto anziana, senza toccarla. Il contatto con l’altro è indispensabile, anche nei gesti più semplice. Sei triste? Una carezza ti fa sorridere. Hai dolori? Le dita sul corpo aiutano a resistere. Non hai fame? È il tatto l’arma segreta per convincere gli anziani a mangiare.
Del contatto fisico abbiamo bisogno a tutte le età. Da bambini quando iniziamo il nostro percorso nell’universo delle relazioni umane. Da adolescenti, nel momento in cui il tatto esprime anche la sua dimensione erotica e sconfina nel piacere. Da adulti, quando iniziamo a sentire la necessità di condividere e scambiare carezze e contatti, qualcosa in più delle parole. Da anziani, nel momento in cui il tatto è un segnale di reciproca intesa, un modo semplice, da non sprecare, per dire: «Io mi sto occupando di te, non sei solo».
QUANDO UNA PERSONA CERCA IL CONTATTO FISICO?
Le persone cercano il contatto fisico attraverso gesti essenziali, molto semplici. Anche solo uno sguardo o l’accenno di una carezza: ma è questo segnale che dobbiamo cogliere, immediatamente, per scansare il rischio della solitudine. È spaventoso pensare che in tempi di tecnologia diffusa, nell’era in cui il 95 per cento degli adolescenti hanno accesso allo smartphone ed a tutte le sue applicazioni, ci sono il 15 per cento degli esseri umani che soffrono di solitudine. Giovani e vecchi. Due volte colpiti dalla pandemia e dalle sue paure.
Il contatto fisico ha un elemento che lo rende del tutto diverso a tutti gli altri sensi: la reciprocità. Una tua carezza, un bacio, un abbraccio, non possono lasciarmi indifferente, altrimenti vuol dire che non desidero avere alcun rapporto con te. Preferisco ignorati e cancellarti dalla mia vita. Il contatto fisico, uno dei potenziali vettori della pandemia, è lo stesso che veicola il rilascio di ossitocina, l’ormone di una serenità molto prossima alla felicità. Grazie all’ossitocina si riduce la frequenza cardiaca, migliora la pressione sanguigna, si abbassa il livello di cortisolo, che segnala lo stress. In parola: stiamo meglio, e in sorta di dipendenza da questo ormone, cresce la voglia di avere un contatto con gli altri.
QUANTO E’ IMPORTANTE IL CONTATTO FISICO IN UNA RELAZIONE
Il contatto fisico è importante in qualsiasi relazione umana. Rafforza i legami, crea empatia, offre protezione e sicurezza. Il tatto ha ricadute anche sul piano fisico. Una ricerca anglosassone ha messo a fuoco le conseguenze per alcuni bambini rumeni cresciuti negli orfanatrofi. La mancanza del contatto fisico ha ridotto le loro capacità cognitive, rispetto ai coetanei, e perfino lo sviluppo del cervello. Al contrario, la carezza aiuta a guarire il dolore fisico, non solo mentale. La risposta degli scienziati non fa altro che confermare qualcosa che istintivamente, ma anche per semplice pratica quotidiana, già sappiamo: sì, una carezza migliora la vita. E di molto. A partire dal fatto che, e qui parla la scienza, grazie ad alcuni processi fisiologi e biochimici, ancora tutti da esplorare a fondo, un gesto così semplice, come appunto la carezza, fa spiare il dolore.
Gli ultimi risultati su questo interessante versante scientifico, che tanto piace a noi amanti delle carezze, arrivano con la sintesi di uno studio, realizzato nell’università di Haifa, in Israele, e pubblicato sulla rivista Nature scientific reports. Attraverso il costante monitoraggio di 22 coppie in sala parto, in età compresa tra i 22 e i 40 anni, e i relativi test, si è scoperto, per dirla molto in breve, che grazie alle carezze si sono sincronizzati i ritmi cardiaci e la respirazione della coppia, in momenti così delicati, con un effetto analgesico rispetto al dolore fisico della donna.
CONTATTO FISICO CON I NEONATI
CONTATTO FISICO E VITA QUOTIDIANA
Fin qui la scienza. Ma, nella vita quotidiana, quella di tutti i giorni, vi rendete conto di che cosa e quanto sprecate rinunciando al piacere del contatto fisico? Della carezza, innanzitutto? Ma anche di un abbraccio, di un bacio, di un sorriso che avvicina due volti.
Ho la sensazione, e lo dico senza catastrofismo, che abbiamo rimosso la bellezza, il valore, l’energia, la potenza, del contatto fisico. Forse perché troppo del nostro tempo, e dei nostri pensieri, evaporano nel mondo virtuale. Forse perché siamo diventati meno empatici ed espansivi nel mondo sottosopra e arrabbiato. Forse perché consideriamo la carezza, come il vecchio e romantico bacio da cinematografo, roba superata, e quindi superflua.
Non so darvi una riposta certa ai tanti forse che ho messo in fila. Però ho una sicurezza, e oggi ve la posso confermare anche con il supporto di un’indagine scientifica ai massimi livelli: le carezze, come i baci, come gli abbracci, come qualsiasi contato fisico, fanno molto bene. Alla salute, alla testa, al corpo. Alla persona nel senso completo della parola. E per giunta il contatto umano nell’aiutare l’altro arriva fino a farci passare il dolore. Davvero una medicina meravigliosa, e senza alcuna controindicazione. A parte le precauzioni da tempi di Covid. Diceva il filosofo Bertrand Russell: «Nessuna regola, per quanto saggia, può sostituire l’affetto e il tatto». Neanche le regole, alle quali dobbiamo attenerci per contenere questa maledetta pandemia.
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