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IMPORTANZA SOGNI
Perché gli italiani sognano sempre meno? Che cosa si è spento dentro di noi? Ovviamente non mi riferisco all’attività notturna, anche se soffriamo perfino di insonnia di massa, quanto all’energia vitale che arriva da un’ambizione forte, dall’idea che la vita, con tutte le sue difficioltà, sia comunque una gioia da condividere, un progetto nel quale crescere con obiettivi talvolta molto alti. Roba da sogni, appunto.
Mi direte: e quali buoni motivi abbiamo per sognare, vista la situazione economica, sociale e politica del Paese? Capisco l’obiezione, ma credo che sia opportuno approfondire la fine dei sogni con elementi che vanno oltre, prima e dopo, la materialità della vita, e in generale degli stili di vita. E tocchino, per esempio, l’universo dei desideri.
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PERCHÈ È IMPORTANTE AVERE DEI SOGNI?
Si è spento il desiderio. Quante volte abbiamo sentito questa sentenza, che brucia dentro come un fuoco appena attizzato? Si è spento il desiderio individuale non solo come fattore di erotismo, ma perfino come energia, carburante, benzina essenziale, di una vita ispirata al cambiamento, alla voglia di modificare qualcosa, dal reddito agli stili vita, dalla salute fisica al benessere spirituale. E si è spento il desiderio collettivo, pensiamo agli italiani in questi anni terribili, dall’esplosione della Grande Crisi, ancora non del tutto compiuta, in un tempo di febbrile, e pesante se non drammatico, cambio d’epoca. Quel desiderio che invece, proprio come italiani, ci ha fatto grandi, dandoci benessere, serenità, successo, ascensore sociale. E non la paura di oggi, dell’immigrato che comunque arriva e del lavoro che probabilmente non c’è se non inventiamo qualcosa.
VITA TRISTE SENZA SOGNI
Igor Sibaldi, un singolare intellettuale che mescola le traduzioni dei romanzi di Tolstoi e del Vangelo di Giovanni, con la teologia, la filosofia e la psicologia, ha scritto un libro davvero interessante, intitolato Il mondo dei desideri, 101 progetti di libertà (edizioni Tlon).
In questo testo, tra l’altro Sibaldi ci ricorda un elemento essenziale per tornare a desiderare, a sognare, a credere in qualcosa di davvero forte, laddove siamo circondati dal vento sciroccoso del cinismo, dell’indifferenza e dello scetticismo. E cioè il fatto che «desiderare è un atto di libertà, un gesto creativo, un viaggio verso l’ignoto».
CHE SUCCEDE QUANDO SI SMETTE DI SOGNARE
Ognuno può avere un metodo per riscoprire il desiderio, e Sibaldi indica il suo in questo libro, ma la cosa importante, e se volete preliminare, è maturare la consapevolezza del fatto che una vita senza desideri, e senza sogni, che poi si traduce in una esistenza senza passioni, è triste, povera, condannata a spegnersi, molto prima della morte biologica. È una vita sprecata.
PERCHÈ SOGNIAMO MENO?
Uno dei motivi per i quali sogniamo meno, o abbiamo la sensazione di sognare meno, è l’isolamento nel quale viviamo. Tanto che si parla anche di “fine dei sogni”, individuali e collettivi. In entrambi i casi il sogno si spegne sul nascere schiantandosi contro il muro del narcisismo e dell’indifferenza. Non vediamo gli altri, il nostro cuore è chiuso, la speranza (che talvolta coincide con il sogno, con un’idea persino utopistica del futuro) si appanna fino a diventare tristezza, paura, isolamento. Sentimenti che ben si addicono alla dipendenza tecnologica. Così dal punto di vista collettivo: siamo passati dai grandi sogni di intere generazioni, impastati con il veleno delle ideologie, all’afasia, al disinteresse per qualsiasi dimensione che esca dal relativismo individuale. Anche la morale, in corrispondenza della perdita di senso e di valore di qualsiasi autorità formativa (il genitore, l’insegnante, il prete), si è ridotta a un abito fai-da-te che ciascuno si sente libero di indossare secondo le proprie convenienze. Per il sogno, in queste condizioni, non c’è spazio, anche perché si sogna insieme, con gli altri, e non contro gli altri, come ci ricorda un appello di Papa Francesco. E sognare con gli altri significa anche creare legami forti tra le generazioni, non smettere mai di tessere il filo della memoria, di un nonno che avendo vissuto la tragedia di una guerra può sempre insegnarci il valore della pace, in un periodo storico nel quale con troppa disinvoltura l’abbiamo data per scontata. Salvo poi scoprire, come nel caso dell’invasione dell’Ucraina, che il rischio dei conflitti è sempre alto e bussa comunque alle nostre porte, non troppo distante da noi.
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