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RIPOSO
BENEFICI DEL RIPOSO
CHE SUCCEDE SE NON SI RIPOSA?
Un tempo si diceva: «Finisco di lavorare, e vado a godermi una panchina ai giardinetti». Adesso, l’età lavorativa si è allungata, per il dopo alla pensione si abbina, in genere, la necessità di un secondo lavoro per la crisi ormai insostenibile, e il miraggio della panchina si allontana.
E invece, la famosa panchina, andrebbe conquistata prima, il prima possibile, della fine dell’età lavorativa. Perché quella panchina è di ciascuno di noi e di tutti, è un simbolo di una buona qualità della vita individuale e collettiva, è un totem, un oggetto-simbolo, della resistenza alla sciagurata frenesia del nostro vivere quotidiano che si traduce in uno spreco di tempo, di salute, di relazioni e di affetti. Dunque, la panchina è una bandiera da conquistare sul fronte del Non sprecare, la bandiera di un nuovo stile di vita.
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RIPOSO E RIFLESSIONE
Su una panchina ci si riposa, certo, si riscopre l’importanza e il valore di cose perdute, dalla lentezza al silenzio, dallo sguardo attento all’emozione del suono di un uccello o del profumo di un fiore. Sulla panchina si ascolta. Il nostro narcisismo, la nostra autoreferenzialità, ci allontana continuamente dagli altri: invece basta sedersi, anche solo per pochi minuti, e il nostro orecchio può ascoltare. E accorgersi dell’umanità che ci circonda: sulla panchina si guarda in profondità, dentro noi stessi e verso gli altri. La panchina allunga e accompagna pensieri, ci porta lontano con la testa e forse anche con un sogno. Dunque, apre spazi, visioni, orizzonti.
Poi c’è la panchina di tutti, della comunità. Un mio caro amico ne ha acquistata una a Central Park a New York, una forma di adozione, e confesso di invidiarlo. Ovviamente la panchina non è sua, ma una targa ricorda che è lui ad averla restaurata ed è lui che deve curarla, motivo per cui è costretto a frequentarla, visitarla e godersela. Dovremmo farlo in tanti questo gesto per proteggere le panchine, non solo come oggetti dell’arredo urbano, ma come presidi di civiltà, come postazioni del pensiero finalmente profondo e non evanescente. E dovremmo sollecitare le amministrazioni pubbliche a coinvolgere associazioni, gruppi di cittadini, a sistemare, curare e proteggere le panchine dei giardini. Ovunque, come gli alberi.
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IMPORTANZA DEL RIPOSO
Infine, la panchina, in senso metaforico, ricorda il lavoro dell’allenatore per unire la squadra. Il Noi che prevale sull’Io. Ci mancano bravi allenatori, se pensiamo allo squallore del nostro ceto politico, e qualche volta abbiamo perso il gusto e la voglia di giocare insieme. E andiamo avanti in ordine sparso, con il rischio però che alla fine non vinca nessuno e perdiamo tutti. Il lavoro di squadra, con un bravo allenatore, può fare la differenza e portarci a tagliare traguardi che anche sommando le singole individualità non sarebbero realizzabili. E nel lavoro è compreso anche il riposo, con la sua importanza.
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