La grande fuga delle imprese italiane accellera. Circa mille piccole aziende, in prevalenza della Brianza, del Piemonte e dell’Emilia Romagna, hanno preso contatti con l’amministrazione comunale di Chiasso, in Canton Ticino, per valutare l’offerta “Benvenuta impresa“, una sorta di pacchetto di condizioni speciali per favorire nuovi insediamenti industriali nella zona. E giovedì scorso, nel Teatro comunale di Chiasso, dove l’iniziativa è stata presentata in modo ufficiale, erano oltre 300 gli imprenditori italiani venuti in Svizzera ad ascoltare le offerte degli amministratori di Chiasso.
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Perché la Svizzera? Innanzitutto per la pressione fiscale, qui più bassa di quasi il 50 per cento di quella italiana. Poi per le facilitazioni burocratiche. A Chiasso, hanno assicurato gli amministratori, è possibile aprire una nuova azienda in un’ora, senza passare per tutti i cancelletti di autorizzazione e permessi previsti in Italia. E i pagamenti delle fatture non avvengono oltre la scadenza dei 30 giorni, anche se il committente è la pubblica amministrazione. Infine, la flessibilità del lavoro, molto accentuata in Svizzera, sia in entrata sia in uscita. L’episodio di Chiasso è solo l’ultimo di una lunga serie: negli ultimi dieci anni, infatti, la delocalizzazione di imprese italiane all’estero è aumentata del 65 per cento. Non è una fuga dall’Italia, ma poco ci manca.
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