INDIVIDUALISMO
Esiste un limite all’individualismo? O dobbiamo rassegnarci all’idea che nella relazioni personali come nella società debba contare sempre e soltanto la pulsione individuale? Iniziamo a dire che l’individualismo, talvolta combinato con il narcisismo, è alla base di grandi dottrine filosofiche e sociali, fin dai tempi dell’antichità. La scuola epicurea, come quella sofistica, erano immerse nella centralità degli interessi individuali, e di come vadano sviluppati. In epoca più recente il ritorno all’individuo ha tracciato il solco dell’esistenzialismo e di molti filoni di pensiero in antagonismo con la centralità delle masse espressa dal pensiero marxista. Il vero argine filosofico all’individualismo è rappresentato dalla religione, e in particolare dal cristianesimo, il sui messaggio è tutto incentrato sulla vita di comunità, sullo stare insieme e sui legami cementati dall’amore. Quanto alle scienza sociali e all’economia, l’intero pensiero liberale ha avuto nell’interesse individuale il suo perno e, in fondo, la stessa religione del mercato ha nella persona la sua centralità.
CHE COS’E’ L’INDIVIDUALISMO
La crescita dell’Italia, la nostra lunga e ininterrotta cavalcata verso il benessere, è avvenuta sotto il vessillo dell’individualismo. Piccoli artigiani che sono diventati ricchi imprenditori, il contadino che ha fatto fortuna con un’attività economica che all’inizio neanche conosceva, un intero ceto medio cresciuto attorno alla molla del guadagno personale, della crescita spontanea e fai-da-te. Un individualismo talvolta borderline rispetto alla legge, alimentato da uno Stato che lo ha tollerato anche nelle sue forme patologiche: l’evasione fiscale e una spesa pubblica molto generosa, ad personam. Tutto in cambio della stabilità e del consenso.
La cavalcata della modernizzazione italiana si è consumata attorno all’individualismo, dopo che le grandi organizzazioni collettive, dai partiti ai sindacati, hanno guidato gli anni del boom economico. A quel punto l’individualismo è diventato il pensiero dominante, l’aria del tempo. E l’io, io, io si è trasformato in un valore assoluto, non negoziabile. Sono io che decido il mio destino. La mia sessualità. La mia religione. Il mio stile di vita. E in fondo «faccio come mi pare», negando qualsiasi valore all’autorità (il padre, l’insegnante, il prete) e qualsiasi limite all’individualismo, ma lasciando che si manifesti a campo aperto. Individualismo e narcisismo sono diventati sinonimi.
LIMITI DELL’INDIVIDUALISMO
Il vento che respiriamo non è un libeccio locale, arriva da molto lontano e tutta la curva della globalizzazione è stata vissuta all’insegna dell’individualismo, spacciato per sinonimo di libertà. Senza pesi e contrappesi, che possono arrivare solo da grandi collettività e grandi comunità, senza una cultura del Noi che non affidi tutto all’Io, la globalizzazione ha scardinato un intero sistema rompendo qualsiasi argine. E le disparità sono cresciute, come l’ingiusta distanza tra i ricchi sempre più ricchi ( e sempre più minoranza) e i poveri sempre più poveri (con interi pezzi di ceto medio a rischio smottamento).
Questo è il punto nel quale ci troviamo, dopo che non siamo riusciti a governare i fenomeni legati alla globalizzazione. In fondo, anche le enormi difficoltà dell’Europa, impotente, egoista e vigliacca di fronte all’’immigrazione, sono figlie dell’individualismo corretto in dottrina di governo. Laddove il Vecchio continente nasce pur sempre dalle radici cristiane, dalla cultura della solidarietà, dalla pagina evangelica con la parabola del Buon samaritano, e diventa invece il regno degli egoismi. Porte chiuse se ho la fortuna di stare a distanza dal quel Mare Mediterraneo, cimitero di innocenti, che bagna solo alcuni paesi dell’Unione.
INDIVIDUALISMO E TECNOLOGIA
Anche la tecnologia soffia sul fuoco dell’individualismo e del narcisismo. Tutto diventa alla portata di tutti. Il dialogo si trasforma in monologhi via social, le relazioni appassiscono, il branco è la somma di individui, non ha nulla da spartire con un’idea, anche minima, di comunità. Il linguaggio si deteriora, in quanto non serve più la condivisione di una lingua che sia anche corretta dal punto di vista grammaticale. L’insulto diventa una cifra del dissenso e del come manifestarlo.
Nella vita privata non si può costruire una vita di relazioni senza frenare l’individualismo e le sue pulsioni. Crollano matrimoni, in Chiesa e in municipio, e facciamo sempre meno figli: ma non solo per difficoltà e incertezze economiche. Questa è una balla. In questa cultura dell’individualismo sfrenato non c’è spazio per impegni di relazioni, per assumersi responsabilità che non siano rispetto a se stessi. Non c’è spazio per scommettere, e rischiare in due. E così si formano relazioni fai-da-te, molto aperte, precarie, ispirate al giorno per giorno, senza un progetto esistenziale di lungo periodo.
INDIVIDUALISMO E NARCISISMO
La vita con la bussola dell’individualismo sfrenato si riduce a «ciò che si sente», minuto per minuto, in tempo reale. Non ci sono concessioni per «ciò che si sogna», non c’è immaginazione per un approdo che non sia la convenienza dell’attimo fuggente. E tutto può diventare intercambiabile. La persona che, al momento, abbiamo accanto. Il surrogato di famiglia che abbiamo costruito. La rete delle amicizie. Il lavoro che non scegliamo per vero interesse o con il fuoco della passione.
Il sociologo francese Alain Touraine è convinto che tra le novità epocali della globalizzazione ci sia anche un ulteriore passaggio dalla società postindustriale a quella postsociale. Che significa? Semplicemente che viviamo in un mondo dove le trasformazioni tecnologiche ed economiche hanno ormai lacerato il tessuto sociale in modo irreversibile, lasciando campo libero a una forma di individualismo dove ciò che conta è il soggetto, il singolo soggetto, l’Io di ciascuno di noi.
INDIVIDUALISMO CONSAPEVOLE
Quale spazio ha la politica nella società postsociale? Nessuno. Ed è esposta ai rischi di una personalizzazione che si traduce quasi sempre in forme semplificate e fragili di leadership. Così in Italia siamo passati dai grandi partiti di massa ai partiti ad personam, fatti di capi e capetti. Che cosa resta nella società postsociale della rappresentanza? Nulla. Non se ne avverte la necessità. Così come negli stili di vita si andrà verso un individualismo «consapevole», dove il singolo avrà l’arma del consumo e delle sue scelte in quanto acquirente di prodotti, da mettere sul tavolo. Non è una prospettiva allegra, e ci sono mille motivi per ritenere che l’analisi, e il pronostico, di Touraine siano sbagliati. E che, prima o poi, sentiremo crescere la voglia di mettere limiti all’individualismo e alla sua forza.
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