COVID 19 E INQUINAMENTO
SURRISCALDAMENTO E PANDEMIA
CORONAVIRUS E INQUINAMENTO
In Italia la percentuale di morti per Covid-19 riconducibili all’inquinamento atmosferico è del 15 per cento, in Europa del 19 per cento, in Nordamerica del 17 per cento e in Asia orientale, dove l’inquinamento è più elevato, si arriva al 27 per cento.
INQUINAMENTO ATMOSFERICO E COVID-19
Le due università che sono partite per prime, a proposito del rapporto tra smog e coronavirus, e hanno messo sul tavolo risultati molto chiari e interessanti sono Harvard (Stati Uniti) e Cambridge (Inghilterra). Gli scienziati americani hanno fornito prove puntuali e rigorose, esaminando i dati in 3mila contee, e sono arrivati fino mal punto di quantificare con precisione il rapporto tra polveri sottili (PM) e morti di Covid-19. Un aumento di 1 microgrammo per metro cubo di particolato comporta una crescita delle morti per effetto del contagio da coronavirus del 15 per cento. Una cifra davvero impressionante. E assolutamente provvisoria, come indicano gli stessi ricercatori nel presentare il loro studio.
Ricordiamo che il particolato è formato da sostanze solide e liquide sospese nell’aria, con un diametro fino a mezzo millimetro. E quanto più i frammenti di PM sono piccoli tanto meglio riescono a infilarsi nel nostro organismo andando a colpire organi vitali come il cuore e i polmoni. Secondo l’Organizzazione mondiale della salute ogni anno nel mondo 4,2 milioni di persone muoiono per l’inquinamento dovuto alle polveri sottili.
LO SMOG AUMENTA I CONTAGI
E da dove arrivano le polveri sottili? Per la quasi totalità dall’attività umana. Prendiamo il caso dell’Italia: il 57 per cento del particolato è causato dai sistemi di riscaldamento, prima causa, seguita poi dagli scarichi industriali e dallo smog del traffico stradale. La quota “naturale” del particolato, quella dovuta a eventi atmosferici (perturbazioni) o fenomeni legati ai cicli stagionali (l’impollinazione) oscilla tra il 6 e l’8 per cento. Niente di più.
La seconda ricerca internazionale molto completa e approfondita è quella che arriva da Cambridge ed è stata pubblicata sulla rivista News Scientist. In questo caso, le stazioni monitoraggio attraverso le quale esaminare i dati sono state 120, in tutta l’Inghilterra. E anche in questo caso, e con la premessa che serviranno altri studi per approfondire con più sicurezza il tema, gli scienziati inglesi sono arrivati alla stessa conclusione dei colleghi americani: esiste un nesso molto stretto tra inquinamento e tassi di infezione di mortalità. «Più che ulteriori prove, delle quali ormai non abbiamo più bisogno, serve rintracciare la causa di questa correlazione» afferma Marco Travaglio, dell’università di Cambridge.
E sulle cause gli studiosi puntano a seguire la pista della condizione di partenza delle persone esposte ai rischi dell’inquinamento. Si tratta di uomini e donne che hanno maturato malattie respiratorie e cardiache, per non parlare del fatto che l’inquinamento indebolisce il sistema immunitario. Bisognerà dunque approfondire come e per quali fattori chi vive in zone con l’aria sporcata da alti tassi di polveri sottili sia condannato ad avere un organismo più esposto al micidiale attacco del coronavirus.
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INQUINAMENTO AUMENTA I CONTAGI
In questa direzione va anche una ricerca universitaria made in Italy, firmata da studiosi del calibro di Leonardo Becchetti e Gianluigi Conzo (Tor Vergata), Pierluigi Conzo (Torino), in collaborazione con Francesco Salustri (università di Oxford). Che cosa viene fuori dalle indagini sui dati raccolti e messi in relazione tra loro in diverse aree del Paese? Primo: la prolungata esposizione alle polveri sottili incide in modo molto significativo sui contagi e sui decessi. Elemento confermato, per esempio, da un tasso di infezione di letalità molto più alto nella Pianura Padana rispetto ad altre regioni italiane. Secondo: l’inquinamento da PM può perfino portare a un raddoppio dei casi, come è avvenuto confrontando i numeri di Sardegna e Lombardia. In pratica, conclusioni non molto diverse da quelle alle quali sono arrivati americani e inglesi. E studi simili condotti in Giappone, in Germania, in Francia e in Spagna. Mano a mano che dalla paura passeremo alla convivenza con i rischi del virus questo aspetto del legame tra Covid-19 e inquinamento sarà sempre più approfondito. E sempre più allarmante in assenza di adeguate contromisure.
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