Internet, sms e troppa tv un muro tra padri e figli

Un muro. Fatto di codici incomprensibili, di nascondigli virtuali, di incontri pericolosi, di linguaggi ermetici. Una zona franca dove puo’ accadere di tutto e dove gli adulti, anche volendo, non sanno come e dove entrare, pur possedendo magari password e chiavi di ingresso. Genitori che guardano sgomenti il computer dei figli, figli che aggirano con […]

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Un muro. Fatto di codici incomprensibili, di nascondigli virtuali, di incontri pericolosi, di linguaggi ermetici. Una zona franca dove puo’ accadere di tutto e dove gli adulti, anche volendo, non sanno come e dove entrare, pur possedendo magari password e chiavi di ingresso. Genitori che guardano sgomenti il computer dei figli, figli che aggirano con destrezza ogni forma di parental control: Internet, afferma un nutrito gruppo di esperti inglesi, e’ diventata la nuova barriera tra generazioni, la tecnologia sembra aver triplicato le distanze anagrafiche, e la divisione tra chi sa e chi non sa e’ diventata, d’un tratto, abissale.

La provocazione riportata nei giorni scorsi dal “Guardian” e’ contenuta nella relazione annuale di ChildWise, istituto di ricerca britannico che da 15 anni analizza e “conteggia” il rapporto tra i giovanissimi e la Rete. Dove quest’ultima avrebbe assunto appunto le sembianze di un muro, da un lato ci sarebbe l’ignoranza tecnologica degli adulti, e dall’altro il sempreverde desiderio degli adolescenti di trovare luoghi nascosti, dove poter sperimentare se stessi e le proprie trasgressioni lontani dagli occhi dei genitori, della famiglia, e del mondo fuori dalla propria tribu’.

Ma questa muraglia virtuale esiste davvero? Per Renato Pocaterra, sociologo della Fondazione Iard, si’, la barriera “effettivamente c’e'”, eppure si potrebbe sbriciolare facilmente, “se gli adulti si sfidassero un po’ di piu’ nel comprendere gli strumenti che utilizzano i figli”. “Internet e’ oggettivamente una zona off limits, ma questa ricerca del luogo nascosto e’ un dato tipico dell’adolescenza. I ragazzini – spiega Pocaterra – si mimetizzano come hanno sempre fatto, la differenza e’ che oggi i grandi si sentono inadeguati di fronte alle loro abilita’ e alla complessita’ del mezzo che padroneggiano. Il mondo degli adulti si divide in due: chi utilizza internet per lavoro, e dunque lo conosce, e chi invece ne e’ del tutto digiuno. Ecco, tra questa categoria di genitori, continuo a notare una certa resistenza a “piegarsi” all’apprendimento di un linguaggio i cui maestri dovrebbero essere i propri figli. come se avessero paura di perdere autorita’… “.

Secondo le statistiche della Societa’ Italiana di Pediatria, il 94% degli adolescenti italiani ha in casa un computer, oltre il 50% lo tiene nella propria camera da letto, si collega tutti i giorni piu’ volte, e nel 76,5% dei casi utilizza il pc per scaricare musica, connettersi a YouTube e Messanger. Oltre naturalmente alla partecipazione ad ogni tipo di social network, primo su tutti Facebook.

Un mondo parallelo, come lo definisce lo psicoanalista Massimo Ammaniti, rispetto al quale, “gli adulti si sentono in difficolta’, non hanno i codici per decifrarlo, e invece di sfidarsi tendono ad arretrare, cosi’ i ragazzi in rete si creano una vera e propria second family, dove tra amici veri o virtuali arrivano davvero a sostituire i punti di riferimento familiari”. Ma la differenza tra gli adolescenti della web generation e i coetanei che li hanno preceduti, suggerisce Ammaniti, “e’ che oggi i teenager vivono connessi sempre, il loro mondo sotterraneo non e’ piu’ un luogo da cui si entra e si esce, ma e’ un flusso continuo, che non lascia spazi vuoti, e’ sempre acceso, on line e questo ha tolto ai ragazzi ogni momento di individualita’, di riflessione, anche di noia, e’ come se non fossero mai se stessi, ma sempre parte di un gruppo”. La tecnologia insomma, le varie forme di comunicazione utilizzate da navigatori sempre piu’ giovani “hanno amplificato le tendenze tipiche dell’adolescenza – conclude Ammaniti – dilatandone pero’ il tempo e lo spazio che sono diventati infiniti”. Quasi come la memoria dei computer di ultimissima generazione.

Chi non crede invece al muro generazionale e’ lo scrittore Giuseppe Granieri, autore di diversi saggi, da “Blog generation” a “La societa’ digitale”. Granieri non parla di problema d’eta’, ma culturale, di chi, indipendentemente dall’anagrafe “non riesce a migrare dentro la nuova cultura”. “Conosco sessantenni assai piu’ digitali di ventenni: il punto non e’ quanti anni hai, ma dove abiti, di quante infrastrutture e’ dotato il luogo dove vivi, dell’ambiente in cui cresci. Del resto il web l’hanno costruito degli adulti e poi lo hanno consegnato ai teenager. Sono 15 anni che giro l’Italia per raccontare la Rete, e mi sono reso conto che l’eta’ e’ soltanto uno dei fattori che avvicina o allontana da internet, contano di piu’ le differenze sociali, crescere in un contesto metropolitano o provinciale… Certo, i nativi digitali, ossia i ragazzini nati dopo la meta’ degli anni Ottanta quando la Rete era gia’ una realta’, ci potranno riservare molte sorprese. Internet ha ridisegnato totalmente la loro vita emozionale, non piu’ caratterizzata da una prossimita’ fisica ma da un approccio che e’ prima culturale e intellettuale e poi reale, come avviene appunto nei social network. Poi c’e’ la conoscenza. Internet, e’ certo – chiarisce Granieri – ha rivoluzionato il loro modo di apprendere: ma di quale cultura saranno portatori questi nativi digitali, di quali nuovi meccanismi del sapere?”. Aspettiamo. Il futuro, sembra, e’ ancora tutto da scrivere.

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