ISLANDA PARITÀ SALARIALE UOMO DONNA
In gran parte del mondo la parità salariale tra uomo e donna è un’utopia, un sogno inseguito da tanto tempo che puntualmente si perde nelle promesse elettorali. Ma in Islanda no: questo piccolo Paese europeo ha approvato una legge che consente alle donne di ricevere lo stesso stipendio dei pari livello uomini. Una vera e propria rivoluzione, basti pensare che in Italia non solo una riforma del genere è ben lontana da essere attuata ma addirittura si fa molta fatica a trovare donne tra le figure apicali delle aziende. Nonostante le presunte quote rosa, presidenti e amministratori delegati delle società italiane quotate sono soltanto il 7 per cento del totale. E spesso la presenza delle donne nei consigli di amministrazione è accompagnata da una triste costante: non hanno deleghe.
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LEGGE PARITÀ SALARIALE
La legge approvata dall’Althingi (il parlamento islandese in cui quasi il 50 per cento dei legislatori sono donne), nel marzo del 2017, ed entrata in vigore allo scoccare del 2018, obbliga tutti i datori di lavoro privati e pubblici (aziende, ministeri, istituzioni e pubbliche autorità) a provare che donne e uomini ricevono la stessa retribuzione a parità di qualifica.
Le rivoluzionarie norme islandesi prevedono controlli a tappeto della Polizia tributaria e dalla Lögreglan á Íslandi, polizia a forte componente femminile. I datori di lavoro dovranno fornire di loro iniziativa la documentazione sufficiente per ottenere la certificazione ufficiale di azienda o istituzione che rispetta la parità. Tutti i datori di lavoro che non rispetteranno la legge saranno puniti con multe consistenti.
UGUAGLIANZA PAGA UOMINI DONNE
Un passo in avanti molto importante per un Paese già ai vertici nelle classifiche mondiali della parità tra generi. Oggi la metà dei ministri sono donne, e si contano migliaia di talenti femminili nel mondo della letteratura e in quello accademico. Per dare l’idea di quanto sia avanzata la parità tra i sessi, un ultimo dato: l’ottanta per cento delle donne islandesi lavora e le casalinghe sono una piccola minoranza. Ciononostante ci sono ancora tante discriminazioni e uno studio del governo sostiene che ci siano differenze retributive ingiustificate tra il 14 e il 20 per cento a vantaggio degli uomini. Per questo si è deciso di intervenire con la “dura lex”. D’altronde “a mali estremi, estremi rimedi”. Anche se le donne islandesi sono costrette spesso a scendere in piazza per chiedere il rispetto di una legge che tutta l’Europa femminile invidia al piccolo paese. Tra le nuove richieste dei movimenti che si battono per la parità retributiva c’è anche quella di pubblicare gli stipendi dei settori, come l’assistenza sanitaria e le pulizie, dove la maggioranza degli occupati sono proprio donne.
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