Il sommerso in Italia rappresenta una fetta importante del Pil: nel 2008 l’ampiezza dell’economia "in nero" oscillava tra un minimo di 255 miliardi di euro e un massimo di 275 miliardi, pari rispettivamente al 16,3 e al 17,5% del prodotto interno lordo. Nel 2000, il valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso economico risultava compreso tra i 217 e i 228 miliardi di euro, rispettivamente il 18,2 e il 19,1% del Pil. L’evasione raggiunge i picchi maggiori nel settore di alberghi, bar e ristoranti da un lato e dei servizi domestici dall’altro.
E’ questa la fotografia del sommerso che emerge dalla bozza del rapporto finale sull’attività condotta dal gruppo di lavoro "Economia non osservata e flussi finanziari" guidato dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, nell’ambito del cantiere per la riforma fiscale.
Il peso del valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso economico differisce per settore di attività: nel 2008, nell’ipotesi massima, nel settore agricolo raggiunge il 32,8% del valore aggiunto totale della branca (9,1 miliardi di euro), nel settore industriale è al 12,4% (52,8 miliardi) e nel terziario al 20,9% (212,9 miliardi).
Se si scende ancora più in profondità – gli ultimi dati disponibili sono riferiti al 2005 1 – si osserva che l’economia sommersa tocca il top nel settore "alberghi e pubblici esercizi", con una quota del 56,8%.
Seguono i "servizi domestici" con un 52,9%. Nel complesso l’industria in totale ha una quota di sommerso pari all’11,7%, l’agricoltura, silvicoltura e pesca pari al 31,1% e i servizi pari al 21,7%. Per il comparto industria è nelle ‘costruzioni’ che si annida la quota maggiore di economia in nero con il 28,4%.
Seguono "tessile, abbigliamento, pelli e calzature"’ con il 13,7%, "altri prodotti industriali" con l’11%, "alimentari, bevande e tabacco" con il 10,7%. La quota di sommerso è minima, invece, nel settore "elettricità, gas e acqua" (1,8%).
Per il comparto servizi, oltre al settore "alberghi e pubblici esercizi" e a quello dei "servizi domestici" che raggiungono le quote massime di evasione. "Istruzione, sanità e altri servizi socialì" toccano il 36,8%, seguiti da "trasporti e comunicazioni" con il 33,9%, "commercio" con il 32,1% e "servizi alle imprese" con il 21,5%. La quota di economia in nero risulta nulla per il settore "pubblica amministrazione" e contenuta nel "credito e assicurazioni" (6,4%).
Intanto il Fisco, nel 2010 ha fortemente accentuato la lotta all’evasione fiscale: sono stati accertati 2.609
grandi contribuenti (cioè quelli che hanno volume d’affari, ricavi o compensi dichiarati oltre 100 milioni) rispetto ai 1.667 del 2009, nei confronti dei quali è stata accertata una maggiore imposta pari a 5,4 miliardi di euro. In generale gli accertamenti condotti dal Fisco si sono stabilizzati nel 2010 sopra le 700 mila unità. A fronte di 705.580 accertamenti lo scorso anno la maggiore imposta accertata è passata da un valore di 26,3 miliardi nel 2009 a uno di 27,8 miliardi, con un aumento del 6%.
Nel 2010 sono state controllate 15.524 imprese di medie dimensioni, dalle quali è scaturita una maggiore imposta accertata pari a 6,2 miliardi. Sui soggetti di minori dimensioni e sui lavoratori autonomi, sono stati operati 219.878 controlli, con una corrispondente imposta accertata di oltre 12 miliardi. Ancora più imponente il numero di controlli sulle persone fisiche (467.569 di cui oltre 317.000 sono accertamenti parziali automatizzati) dalle quali si è constata una maggiore imposta pari a 3,4 miliardi.
Lo scorso anno, dei 219.978 controlli effettuati sulle imprese di piccole dimensioni e lavoratori autonomi, 30.219 sono stati effettuati nei confronti dei soggetti non congrui. Mentre circa 139.600 sono gli accertamenti condotti nei confronti di esercenti, professionisti e artigiani che hanno dichiarato per il periodo di imposta accertato un codice di attività a cui risulta associato uno studio di settore.
Si affina, poi, l’attività di intelligence degli 007 fiscali: nel 2010 si registra una forte impennata delle sanzioni per lavoro nero e delle irregolarità scoperte in materia di appalti. Nella bozza del rapporto finale del gruppo di lavoro sulla riforma fiscale guidato dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, si evidenzia che le violazioni scovate legate agli appalti e alla somministrazione illecita sono state 15.907 a fronte delle 6.649 del 2009 (+139%). Crescono anche le sanzioni per il lavoro nero che si sono attestate a 57.186 a fronte delle 45.045 del 2009 (+27%).
Le violazioni in ordine alla tutela economica delle lavoratrici madri si sono più che triplicate passando dalle 406 del 2009 alle 1.280 del 2010 (+215%). In forte aumento anche le ipotesi di reato in ordine alla tutela fisica delle lavoratrici madri (973 a fronte di 661 del 2009). Più che raddoppiate le violazioni in materia di disciplina dello Statuto balzate da 1.042 a 2.604.
Aumentano anche le truffe scoperte nei confronti degli istituti previdenziali (3.316 a fronte di 2.493, +33%). Le ipotesi di reato per evasioni contributive sono cresciute del 29% passando da 3.781 del 2009 a 4.886 del 2010. Gli illeciti in materia di sicurezza sul lavoro sono aumentati del 45% da 26.404 a 38.357.
L’evasione media degli italiani si è attesta nel 2010 al 13,5% del reddito dichiarato. In media non sono stati dichiarati al fisco 2.093 euro a contribuente. E’ questa l’ultima stima dell’evasione fiscale contenuta nel rapporto finale stilato da uno dei quattro gruppi di lavoro della riforma fiscale. Non tutti però evadono nella stessa misura. Al centro il tax gap è di 2.936 euro, pari al 17,4%; al Nord di 2.532 euro, pari al 14,5%. Più basso al Sud: si attesta al 7,9%, pari a 950 euro di redditi Irpef evasi a testa.
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