KIT DI SOPRAVVIVENZA PER DONNE VITTIME DI VIOLENZA
E siamo arrivati al kit di sopravvivenza. Ci sono le linee di aiuto, le Help line, il Whatsapp Amico, e adesso arrivano anche, tutti insieme, gli oggetti per sfuggire alla violenza di un uomo che ci sta perseguitando e malmenando. Il kit per la fuga, dopo la denuncia.
Ci sarebbe da sorridere, o da piangere, se l’argomento non fosse serissimo, in un Paese dove appena il 7 per cento delle violenze sessuali viene denunciato delle donne. E provate a indovinare per quale motivo: sono lasciate sole, con i loro dubbi (e anche il loro folle pietismo) e con il rischio di subire più volte la stessa violenza.
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KIT DI SOPRAVVIVENZA SOROPTIMIST E REGIONE PIEMONTE
A Torino, le forze dell’ordine, i vigili urbani, con il coordinamento dell’assessorato regionale e con il contributo concreto (una forma di sponsorizzazione) del network femminile Soroptimist, hanno messo a disposizione delle donne che presentano una denuncia, il kit con tutto il necessario per la fuga. Accappatoio, asciugamani, biancheria intima di ricambio, assorbenti. Come se la donna aggredita stesse partendo per un fine settimana da sola, e non stesse fuggendo dalla mano di un vigliacco, violento e perverso.
Al kit della sopravvivenza si accompagna poi un aiuto concreto per passare qualche notte in sicurezza, prima in albergo, poi, se è necessario, in un servizio sociale dedicato a questa funzione.
Non vogliamo togliere nulla alla generosa iniziativa torinese, però per aiutare davvero le donne serve ben altro. E lo sa bene chi ha una responsabilità di governo, chi conosce i dossier e i numeri di questa violenza di massa che le donne subiscono in Italia. Secondo l’ultimo dossier dell’Istat su questo argomento, le donne italiane che sono state costrette, nel corso della loro vita, a compiere atti sessuali sono 4,5 milioni, e di queste 1,5 milioni hanno subito lo stupro o un tentato stupro.
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SOLDI PER I CENTRI ANTIVIOLENZA
Ora diteci voi se, di fronte a numeri di questa portata, possiamo cavarcela con l’accappatoio e la scatola di assorbenti nel bagaglio a mano messo a disposizione delle donne in fuga dalla violenza maschile. Quando diciamo che serve altro, non vogliamo mandare la palla in tribuna con una frase generica. Servono soldi, risorse, e attività di quei centri antiviolenza (e qui le associazioni di volontariato potrebbero essere utili anche nella raccolta dei fondi) che rischiano sempre più di esistere solo sulla carta. Ne sono stati censito ben 160, ancora pochi, molto pochi, rispetto all’onda lunga della violenza e del silenzio delle donne. Ma intanto continuano a chiudere, e quindi diminuiscono lasciando le donne sempre più sole, anche di fronte alla violenza commessa da un partner o da un ex (il 62 per cento dei casi), uomini che le donne avrebbero dovuto allontanare dal primo momento. E magari non hanno avuto la forza di farlo. Nell’ultimo governo il sottosegretario Maria Elena Boschi annunciò in pompa magna di avere messo sul tavolo 60 milioni di euro per sostenere i centri a rischio chiusura: sarebbe interessante sapere dal governo se questi soldi sono stati davvero spesi e come. E sarebbe utile sapere se il nuovo sottosegretario, Vincenzo Spadafora, abbia intenzione o meno di rilanciare questi presidi a difesa delle donne.
(Fonte immagine di copertina: Repubblica.it)
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